Another bad day.

November&River.

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    November G. Warwick

    ❝ Non riesco a affrontare la vita, quando sono sobrio. ❞

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    November si rendeva conto che, dal momento del suo diploma, la sua vita non era cambiata quasi per niente. Ogni tanto Sarah la riprendeva a causa del dolce far nulla – invece di aiutare con le faccende di casa si chiudeva in camera o usciva in giardino a fumare – e la esortava a dare sempre il massimo al lavoro. Non che November non lo facesse, altroché, ma tutte quelle facce sorridenti di prima mattina, quei signorotti con i portafogli gonfi di soldi, che le facevano domande riguardo misure, colori, disposizioni e tutto il resto le mettevano proprio ansia. No, non ansia: le davano proprio fastidio. November era quindi costretta a fare sorrisi forzati cercando di apparire il più gentile e disponibile possibile, in realtà dentro di lei aveva insultato quei soggetti almeno un centinaio di volte. Datasi per malata, si era presa tre giorni di riposo in cui non aveva concluso un bel niente: i disegni che aveva cominciato erano rimasti sulla scrivania, in attesa di essere finiti, i film che si era promessa di vedere li aveva accantonati e la voglia di farsi un giro in centro le era del tutto passata.
    «Su tesoro, dai!» la esortò infine sua madre al terzo giorno di riposo «Non startene a casa tutto il giorno, è deprimente vederti reclusa in casa» November si sporse un po' dal letto, dove stava fumando sdraiata. Sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto farlo, che l'odore sarebbe rimasto intriso nell'aria per giorni e giorni, le tende sarebbero ingiallite e un'infinità di blablabla che sua madre le ribadiva ogni volta. Ma non ne poteva fare a meno perchè in tutto quel tempo era quasi diventata un tutt'uno con il letto. Il solo pensiero di alzarsi di là – tranne che per sciacquarsi e andare al bagno – la rendeva irrequieta.
    Ciccò nel posacenere, si alzò lentamente e sbadigliò mentre Sarah fissava disgustata la sigaretta. «Quante volte ti ho detto che...» ma prima che potesse finire la frase, November fece un'altra boccata e spalancò gli occhi, spaventata e irritata da quello che avrebbe detto da lì a poco. La interruppe al volo dimenandosi con le mani «Ti prego, lo so, ma non mi andava di uscire fuori. Aprirò le finestre dopo» per November la conversazione poteva anche finire lì ma Sarah non la pensava allo stesso modo. Lasciò la cesta dei panni a terra e camminò verso sua figlia, strappandole la sigaretta dalla bocca e accartocciandola nel posacenere: «Esci subito da questa camera. Vatti a lavare, fai qualcosa, vivi la tua vita!» November restò senza parole. La sua mano era ancora a mezz'aria, convinta che avrebbe fatto l'ennesimo tiro perchè il suo cervello non aveva ancora realizzato del tutto quello che era da poco successo. Non l'ascoltò neppure quando elaborò ogni informazione: prese le sue cose e corse a chiudersi in bagno, lontana da sua madre.
    «Ma guarda te questa qua» iniziò non appena fu sotto la doccia «Con le sue regolette e quel parlare a caso, esci di qua, esci di là. Ma che vuole? E se incontro Rose che le racconto? Che palle» impiegò mezz'ora a prepararsi – e a insultare sua madre in ogni lingua – prima che uscisse di casa diretta a...
    Dove? Dove vado? Si chiese non appena varcata la porta di casa. Non aveva voglia di sperperare il suo denaro per negozi, o almeno non ancora, e neanche di fermarsi a pranzare fuori da sola, con un trancio di pizza in completa solitudine.
    Alla fine optò per la biblioteca. Nonostante il disegno fosse una delle sue passioni più grandi, November di tanto in tanto si dedicava perfino alla lettura. Il suo scopo però, una volta lì, non era quello di prendere in prestito un libro, ma di fare una sorpresa alla sua più grande amica. River le aveva chiesto così tante volte di andarla a trovare al lavoro che November aveva praticamente perso il conto. Decise di non prendere neanche l'autobus, era talmente presto che anche andando a piedi sarebbe arrivata con largo anticipo. Evitò accuratamente tutti i posti dove qualcuno avrebbe potuto vederla – e fare la spia con Rose – e imboccò vicoletti e strade poco trafficate.
    Quando si ritrovò davanti alla biblioteca, un palazzo enorme e parecchio frequentato, si rese conto di non sapersi orientare all'interno.
    Guardò l'orologio ed estrasse una sigaretta dal pacchetto, è ancora presto, si disse, il tempo giusto per fumare un po'. Cercò di non pensare a sua madre e alla ramanzina che le avrebbe fatto una volta tornata a casa – per non parlare di quelle cinque chiamate senza risposta – e si riposò il cervello.
    Una volta dentro iniziò a cercare invano. Intorno a lei c'erano libri, centinaia, migliaia di libri, un labirinto. Iniziò ad irritarsi immediatamente perchè nessuno si preoccupava di aiutarla però neanche lei si prese la briga di chiedere al personale. Piuttosto preferì disturbare un ragazzo – forse studente universitario – piegato su un difficilissimo libro di scienze. «Ehy scusa, non è che sapresti dirmi dove si trova River?» quello alzò il capo lentamente e la trafisse con lo sguardo. November, che non si lasciava intimidire quasi mai da niente, inizialmente provò paura, poi un moto di rabbia la fece scoppiare «Che c'è, hai perso la lingua?» ma quando gli sguardi infuriati di altre cinque persone le scivolarono addosso, decise che era giunto il momento di abbassare le penne e svignarsela.
    «Idioti» imprecò a bassa voce mentre continuava la ricerca della sua adorata amica «River dovrà ringraziarmi perchè...» ma lasciò subito stare. Non era giusto prendersela con River perchè sua mamma le aveva gettato la sigaretta costringendola ad uscire. Non era giusto prendersela con lei perchè quel gruppo di dementi l'avevano guardata male invece che averla aiutata... November era quasi felice di trovarsi in biblioteca per un gesto altruista e non stava più nella pelle di incontrare la sua amica e vedere la sua faccia.
    Fu proprio quando completò quel pensiero che la trovò, tutta intenta a sistemare degli enormi tomi in diversi scaffali «Riv, ehy Riv» gridò salutandola con la mano e correndo verso di lei.
    In quel momento si sentì una completa idiota: non era più un solo gruppo di ragazzi a guardarla male bensì l'intera biblioteca.

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    Edited by ëlizabeth› - 9/3/2014, 13:57
     
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    River Olivia Hastings

    ❝ Immortality goes on too long to be taken seriously ❞

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    River camminava tranquilla per le vie di Renewal Hollow, salutando i conoscenti mentre stringeva a sè la sua borsa, come se questa contenesse chissà che cosa. Era un'abitudine che aveva sempre avuto, assolutamente inspiegabile quanto inutile. Il tempo era finalmente clemente e quei pochi raggi di sole sembravano illuminare l'animo di River più di quanto non lo facessero sulle vetrine dei negozi. Sorrideva sovrappensiero mentre camminava, lasciava che la gente la osservasse e la considerasse una povera demente, ma non le interessava...anche perchè praticamente tutti sapevano quanto fosse fatta a licenza poetica, quindi non è che un'occhiata in più la toccasse più di tanto. Quello che la preoccupava era, piuttosto, la misteriosa scomparsa della sua migliore amica da tre giorni a quella parte: messaggi, chiamate, facebook, twitter il tutto senza risposta. Probabilmente nemmeno una bomba atomica sarebbe stata in grado di far resuscitare November dal limbo in cui si era autorinchiusa per cause sconosciute a noi comuni mortali. Persino sua madre non era stata in grado di darle risposte esaurienti che non fossero qualche commento acido su quanto sua figlia fosse nullafacente e altre cose che a River interessavano poco o niente, perchè sapeva che non era affatto così, e che probabilmente stava solo attraversando un periodo no. D'altronde, atipica o no, November era comunque una donna. E spesso, con le donne, non bisogna fare domande. Mai.
    Osservò i sampietrini dei marciapiedi, come se contenessero chissà quale mistero, e decise fermamente che fino alla biblioteca avrebbe calpestato solo quelli più scuri. Così, perchè le andava. Aveva infatti dimenticato il sui Ipod morente in anticamera e non se l'era sentita affatto di trascinarlo con lei fino al lavoro, morente e bisognoso di energia elettrica. Necessitava quindi di un'occupazione più interessante che non fossero i suoi pensieri, che oscillavano dal "ma che fine ha fatto quella disperata" al "se la becco la ammazzo" passando per "uh, guarda quegli uccellini" e "voglio troppo quelle scarpe". Insomma, preferiva che il suo cervello si concetrasse su qualcosa di diverso. Per questo la biblioteca le apparve come un luogo salvifico, cosa che comunque succedeva abbastanza spesso: si fermò un attimo a contemplare l'edificio nei suoi dettagli e nella sua maestosità. Era così orgogliosa della biblioteca della sua città che le parole non potrebbero essere in grado di descriverlo.
    «Salve Bart! Come sta oggi?» esclamò allegramente River rivolta al custode mentre prendeva il suo cartellino, appuntandoselo sulla camicia. Attese per qualche istante la risposta dell'uomo, un vecchio e burbero uomo di circa sessant'anni il cui guardaroba consisteva in due paia di pantaloni sgualciti e altrettante camicie di flanella infeltrite che si alternavano per tutto l'anno. Forse aveva anche un magliore, ma River non avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco. Dopo un grugnito di risposta, che era comunque ammirevole per gli standard di Bart, River spalancò le porte d'ingresso alla biblioteca e subito inspirò a pieni polmoni il profumo dei libri ascoltando il silenzio che la lettura portava con sè. Adorava quell'ambiente, adorava tutto di quell'edificio. Trotterellò verso il banco centrale, alla ricerca di direttive più precise sui suoi compiti. Ad attenderla, una pila di libri abnorme con un post-it: "Emergenza in famiglia, ti prego salvami... e perdonami". Perfetto. Kristen non c'era... River e la biblioteca erano da sole, dunque. Caricò sul carrello la pila e iniziò a vagare tra gli scaffali. Passando per la zona studio, si fermò a salutare alcuni degli studenti universitari più fedeli alla biblioteca, immersi nello studio pre-sessione.
    Si avvicinò a un tavolo e si accucciò appena, aspettando che il ragazzo finisse il paragrafo per disturbarlo un attimo «Esame tosto Tom?» domandò con un sorriso traboccante di dolcezza «Non mi sono mai pentito tanto di aver fatto medicina, ti giuro» fu la sua risposta accompagnata da un sorriso abbozzato. River non l'aveva mai visto tanto in difficoltà... ed era uno degli studenti più brillanti della città, senza dubbio. Si allontanò con una piccola carezza di incoraggiamento sulla sua schiena e proseguì il suo viaggio tra gli immensi scaffali.
    Passò circa una mezz'oretta quando sentì uno strano movimento nel religioso silenzio della biblioteca. Insolito, troppo. Alzò la testa e mosse qualche passo nella direzione del trambusto che però terminò immediatamente, dunque tornò al suo lavoro. Una crisi d'identità da studente, non era così rara dopotutto. Raro fu invece ciò che accadde dopo: River sentì chiamarsi dalla stessa voce che da circa tre giorni stava cercando di sentire più di ogni altra. November. In biblioteca. L'apocalisse doveva essere alle porte.
    «Shhhhht! Ma che ci fai qui? Non gridare, ti ammazzanno!» bisbigliò allarmata la ragazza, correndo verso l'amica e tappandole la bocca con l'intera mano. «Ora io ti lascio, ma tu, tu devi promettermi che la tua voce non sfiorerà i decibel udibili per l'uomo. Ok?» ammonì scherzosamente River liberando November dalla morsa sulle sue labbra per poi far caso alla sua espressione: sembrava irritata per non dire lievemente adirata. Bene, origine del trambusto spiegata. River si guardò intorno impanicata, sorridendo in modo rassicurante a tutti quelli che stavano guardando la sua amica con il più puro disprezzo.

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    CITAZIONE (ëlizabeth› @ 8/3/2014, 22:11) 
    Ciccò nel posacenere, si alzò lentamente e sbadigliò mentre Sarah fissava disgustata la sigaretta.

    Sei proprio la mia romana de Roma preferita <3
     
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    November G. Warwick

    ❝ Non riesco a affrontare la vita, quando sono sobrio. ❞

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    Che November fosse nuova nell'ambiente della biblioteca lo sapevano quasi tutti. Non che non le piacesse come posto, altroché, ma i libri non erano mai stati la sua grande passione – non quella primaria, insomma –. Suor Clara non si era mai presa la briga di portarla con sé quando andava, né di consigliarle libri o insegnarle pazientemente a leggere: a quello ci pensavano le altre “sorelle” che prestavano un po' più d'attenzione a November. Chi la colpì maggiormente fu, durante un piovoso pomeriggio invernale, una ragazza che faceva volontariato e che regalò a November una scatola di trentasei matite colorate. Quello fu la miglior sorpresa che la ragazza ricevette in vita sua e che segnò la sua più grande passione.
    Era quasi più probabile, dunque, che passasse i suoi pomeriggi a passeggiare al parco in cerca di ispirazione, con la cartellina da disegno sotto braccio e l'umore pessimo, ad osservare la gioia degli altri senza vivere mai la sua. Il fatto che in quel momento si trovasse proprio in biblioteca, sommersa da libri e ragazzi studiosi – e non ce n'era uno solo, uno, che le piacesse – era un caso alquanto... Particolare. River era solita frequentare posti del genere, dove per lo più si aggirava gente acculturata in grado di farti un microbo ignorante semplicemente aprendo bocca. E November non aveva voglia di sentirsi una stupidotta, una villana poco acculturata che ha passato la stragrande parte del suo tempo, nella scuola superiore, china sul foglio a disegnare. Anche perchè, in tutta sincerità, un po' ignorante si era sempre sentita... Ma era una cosa che cercava sempre di non dare a vedere.
    Quando la gente prese a fissarla si rese conto del terribile effetto appena scaturito. Occhi perplessi puntati su di lei, persone con una terribile faccia imbarazzata sul volto, ragazzi indignati per quel suo comportamento da ragazza di periferia. Se fosse stata un'altra sarebbe senz'altro corsa a nascondersi in mezzo alle pile di libri. Ma lei era November Warwick, e November Warwick non si sarebbe lasciata intimidire da una sciocchezza simile. Mai.
    Lanciò occhiatacce a destra e manca che ebbero l'effetto desiderato: molte delle persone che due secondi prima la stavano guardando in cagnesco, ora avevano ripreso a fare le proprie cose, senza badare troppo alla scenetta che da lì a poco sarebbe avvenuta. Perfino River, che le corse incontro e le tappò la bocca con una mano, sembrò sinceramente imbarazzata e... Divertita. Non c'era na sola ombra di rabbia sul suo volto così angelico: November sapeva perfettamente che, oltre ad una veloce strigliata e ad un paio di consigli, River non andava mai. Per quanto fosse assurdo ammetterlo, neanche in quell'occasione così delicata riuscì a prendersela con la sua amica. Piuttosto le consigliò di abbassare il tono di voce e, quando tolse la mano, November si sentì decisamente meglio. Per l'ennesima volta maledì sua mamma mentalmente ma cercò di non farlo pesare a River, a cui aveva appena fatto fare una figuraccia. November si sentì terribilmente in colpa, ma sotterrò questa sensazione per sé e continuò come se niente fosse, a passare per la tipica rozza ragazza senza un minimo di educazione. Senza rispondere a River, l'afferrò per le spalle e la spostò per guardare meglio in faccia ad una ragazza dai capelli rossi che non aveva smesso un secondo di fissarla, neanche quando River aveva – inutilmente – cercato di sistemare la situazione. Si avvicinò a lei a grandi passi lasciandosi l'amica indietro e poggiò la mano sul libro che stava leggendo «Qualche problema, carina?» la frase fece l'effetto desiderato: la ragazza scosse il capo e tornò a leggere, senza spiaccicare parola.
    Sua madre le ripeteva spesso che prima o poi qualcuno l'avrebbe picchiata: quel suo modo arrogante di porsi con la gente, quando non ne faceva passare una sola, o quando credeva di essere al di sopra del mondo presto le avrebbero soltanto fatto guadagnare un sacco di rogne.
    In quel momento si rese conto che, se River avesse cominciato ad odiarla, di certo non l'avrebbe biasimata. Quando tornò da lei e la guardò bene – con quegli occhi grandi e azzurri come il cielo e le lentiggini sul viso – si domandò cosa l'avesse spinta a prendersi cura di lei. River era una persona troppo buona per dedicare le proprie attenzioni a November, si sarebbe di certo meritata qualcuno più... Più come lei, insomma. Non c'era una sola volta in cui il caratteraccio di November non mettesse entrambe nei guai e River invece era sempre lì, pronta a rimediare per i suoi pasticci.
    «Sono qui per farti una sorpresa» la fissò sbigottita, come se una cosa simile fosse talmente palese al punto che non c'era neanche bisogno di chiederlo. Alzò gli occhi al cielo e si strinse nelle spalle «Spero tu sia contenta! E ah, se mia mamma te lo chiede io non sono passata di qui, okay?» prima che River facesse altre domande aggiunse «Te lo spiegherò più tardi, magari». November si guardò attorno e notò con piacere che più nessuno faceva caso a loro. La sua voce era ormai un sussurro – lo stava facendo soltanto per River, mica per altro – e continuò il suo monologo, sperando che l'amica, nel frattempo, l'avesse già perdonata per quella sua entrata trionfale. «Fra quanto stacchi per la pausa pranzo? Sai... Ho una certa fame» sperò con tutta se stessa che River accettasse l'invito, anche se non ne era del tutto certa: sua zia Daphne le aveva certamente preparato un panino con tonno, pomodoro, insalata o quella roba da hippy vegetariani che rispettano la natura e pregano per la pace nel mondo.

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    River Olivia Hastings

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    River guardava November in quell'ambiente e si chiedeva come potesse esser stata tanto disperata da andare lì, solo per vederla. Probabilmente i tre giorni di clausura avevano avuto il loro effetto ma bastarono tre secondi per spegnere l'inutile barlume di speranza che si era acceso in lei riguardo a una November che, magari, avrebbe preso in mano un libro iniziando a leggere. Nah, non era da lei. Non lo era mai stato. Mi guardavo intorno e gli sguardi di tutti erano puntati su di noi, sulla tranquilla aiuto-bibliotecaria e il terremoto appena arrivato. November era, per quanto mi riguardava, dolcemente fuori posto. Era come se qualcuno l'avesse presa e buttata con la forza in un universo che non le apparteneva, come quando qualche mese prima aveva obbligato River ad andare con lei in quel locale in una città vicina. Voleva morire. Da "tranquillo concerto rock" - citazione testuale di November - River si era trovata in mezzo a un branco di capelloni sudaticci assatanati che la spingevano in ogni dove, piccola e shockata com'era. Ancora si chiede come sia possibile che siano sopravvissute. Beh, almeno la musica non era male e, alla fine, si era anche divertita non poco. E' strano come sia sempre in grado di adattarsi alle situazioni, di vedere sempre e comunque il lato positivo delle cose. Anche in quella situazione, con una November burbera pronta a incenerire il prossimo con lo sguardo, lei intercettava lo sguardo del cliente che subito dopo saettava verso di lei e cercava di rimediare tutto con un dolce sorriso e delle scuse appena accennate con un delicato movimento delle labbra. Si completavano loro due, non c'era altro da aggiungere.
    I frequentatori della biblioteca si calmarono un po' e fecero finta di niente, conoscendoli, probabilmente dentro di loro la stavano insultando in tutte le lingue da loro conosciute (e quindi potevano essere anche molte) ma, forse per educazione o più probabilmente per il bene che volevano a River, tacevano tranquillamente continuando con le loro attività da intellettualoidi, come li chiamava scherzosamente lei. Osservava November e semplicemente non riusciva a stare seria. Era come se un costante risolino premesse contro le sue labbra per uscire e liberarsi nella più fragorosa delle risate. Semplicemente non ce la faceva più a vedere November con quello sguardo da bambina corrucciata e offesa a ringhiare addosso al prossimo solo perchè la stava, anche un po' a ragione, fissando. Era come rivedere anche solo per un attimo la stessa bambina di otto anni che t'insultava per un vestito fuori moda. Anzi, era esattamente come rivedere quella scena. Una bambina burbera che insulta il prossimo perchè a disagio in una situazione e in un ambiente sconosciuto o che, sicuramente, non le appartiene. Le sorrise con dolcezza finchè non ripartì all'attacco. River si sentì spostare di peso e subito capì che qualche altra catastrofe stava per arrivare, un altro terremoto alla Warwick. Alzò gli occhi al cielo a metà tra il divertito e l'estenuato e aspettò la prossima mossa dell'amica che si era scagliata contro una rossa poco distante. November ingranò una quarta e River le corse dietro, cercando, alquanto inutilmente, di fermarla. Quando si scagliò sulla povera Hannah, una ragazza di 17 anni incredibilmente appassionata di botanica e grandi classici, incredibilmente timida e schiva, River si sentì morire e rimase indietro, bloccata dall'orrore. Povera piccola. La sua autostima già sufficientemente sottoterra, di certo non aveva bisogno di un ulteriore sprofondamento. «Mi dispiace Hannah, la mia amica è un po' suscettibile...scusa..» bisbigliò River con un sorrisetto che si rivelò totalmente inutile. La ragazza fece finta di non aver sentito. Perfetto così.
    River a volte avrebbe voluto arrabbiarsi con November, avrebbe voluto davvero. Solo, non ne era minimamente capace. Era come se tutte le emozioni negative svanissero appena i loro occhi si incrociavano. Era come una loro regola implicita, come se nel loro legame non ci fosse spazio per quelle emozioni e non una volta avevano litigato davvero, non che River se lo ricordasse comunque. Aveva sempre avuto la straordinaria tendenza a dimenticare tutte le liti e tutto ciò che di negativo poteva esserci stato in un rapporto. Perchè serbare rancore? Anche se, River ne era conscia, da qualche parte ben nascosta c'era in lei una terribile diva vendicatrice. A volte la sentiva far capolino ma la sotterrava immediatamente, nascondendola dietro il più dolce dei sorrisi sperando che non si facesse viva mai più. Quando November tornò da lei, River cercò di guardarla con uno sguardo di rimprovero che, considerando la sua autorità, doveva più sembrare un'espressione indefinita. Ma fa niente, almeno poteva dire di averci provato. «Mhm. Una sorpresa. Vediamo, stai cercando di far fuggire tutti da qui in modo da potermi portar via da qui e non farmi più lavorare perchè tua madre ti ha obbligato ad uscire e non hai la minima idea di che cosa fare, corretto?» bisbigliò River divertita appena ebbe il tempo di ribattere. Sapeva perfettamente che, se November era lì, doveva essere perchè aveva bisogno di qualcuno con cui passare il tempo e, soprattutto, con cui sfogarsi. Perchè diciamolo, November aveva sempre avuto il suo caratterino tutto speciale e adorabile... ma solo quando era innervosita per altre cose reagiva in modo così violento e irriverente. E River lo sapeva perfettamente. E così, sua madre non doveva sapere niente. Strano. Era così solo da quando avevano compiuto dodici anni. Quante volte River aveva dovuto far la parte della quarta scimmia, quella che né vedeva, né sentiva né, soprattutto, parlava. Ed era così divertente vederla soffrire mentre cercava di sottrarle informazioni mentre River si nascondeva dietro la più assoluta omertà. Aveva fatto così tanto esercizio per proteggere la sua migliore amica che se l'avessero dovuta interrogare dei poliziotti e non avesse voluto parlare mettendo a tacere il suo spirito onesto, sarebbe state perfettamente in grado di recitare la parte dell'innocente ragazza che nulla sapeva e nulla aveva visto. «Come al solito, quindi...» sussurrò con un sorriso River mentre prendeva in mano l'ultima pila di libri da sistemare negli scaffali giusti «...comunque facciamo che stacco solo per te appena ho finito di sistemare questi, prima che tu decida di buttare all'aria l'area dei bambini o importunare qualche altro studente in sessione. Potrebbe essere letale, ti giuro..» continuò sogghignando mentre riponeva ordinatamente i volumi, evitando accuratamente che nei libri con la copertina non rigida si formassero orecchie o qualche altro simile orrore. Avrebbe dovuto buttar via il pranzo al sacco che sua madre le aveva preparato. Nessuna grande perdita, aveva sempre detestato il tofu.

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    November G. Warwick

    ❝ Non riesco a affrontare la vita, quando sono sobrio. ❞

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    Per quanto River avesse l'aria di una con la testa perennemente tra le nuvole, spesso e volentieri era molto più intelligente di ciò che lasciava credere alla gente con i suoi atteggiamenti da eterna bambina. Più di una volta November si era trovata spiazzata dalle sue risposte, quando sapeva già in anticipo cosa avrebbe detto o fatto. Certe volte la ragazza aveva come l'impressione che la sua amica avesse lo strano potere di leggerle nella mente ma poi si ricordava che, semplicemente, River riusciva a capire le persone e quasi ad entrarci dentro. Alle volte si spaventava di questi suoi comportamenti, come se fosse privata della sua stessa privacy, altre invece ne era soltanto contenta perchè mai nessuno aveva cercato di capirla quanto lei.
    Ne ebbe l'ennesima conferma quando, dopo essersi scusata con la tipa dai capelli rossi, Hanna – apprese il suo nome in seguito – River esordì dicendo: «Mhm. Una sorpresa. Vediamo, stai cercando di far fuggire tutti da qui in modo da potermi portar via da qui e non farmi più lavorare perchè tua madre ti ha obbligato ad uscire e non hai la minima idea di che cosa fare, corretto?» non che la prima parte fosse vera, altroché – eppure aveva la vaga sensazione che continuando a fare quel casino molti di loro sarebbero scappati a gambe levate – però la madre, in un certo senso, l'aveva cacciata di casa quasi supplicandola. No, non quasi, era andata proprio così.
    November sbuffò e strinse le braccia al petto perchè non c'era niente da aggiungere e River ci aveva visto fin troppo bene.
    «Come al solito, quindi...» anche se se ne stette zitta, dentro di lei sperò che River non si sentisse un ripiego soltanto. November non usciva con lei solo quando non trovava nessuno – anche perchè non poteva contare un gran numero di amici – ma soltanto quando aveva davvero voglia di farlo. Di solito rintanata in casa, china sui fogli da disegno o a fumare in giardino, o in giro a spasso da sola con la musica sparata nelle orecchie, era riuscita a convivere un po' per volta con la solitudine di cui aveva tanto paura quando era una bambina di sei, sette anni. Ma forse non c'era bisogno di spiegare nemmeno questo perchè non suonò come accusa ma piuttosto come una cosa saputa e risaputa.
    «...comunque facciamo che stacco solo per te appena ho finito di sistemare questi, prima che tu decida di buttare all'aria l'area dei bambini o importunare qualche altro studente in sessione. Potrebbe essere letale, ti giuro..» stringendosi nelle spalle, November tentò di assumere un'aria innocente e quasi stupita. Non aveva intenzione di importunare nessuno, erano le persone che le stavano attorno a darle l'input per diventare cattiva e arrabbiarsi. In realtà non avrebbe voluto neanche reagire in malo modo a quella ragazza, ma la stava guardando così assiduamente che non poteva non gridarle qualcosa. Non aveva la minima idea di quanto tempo ci avrebbe messo, sapeva soltanto che stava letteralmente morendo di fame e che aveva voglia di fumare. Di nuovo.
    «Non ho paura di questi occhialuti, sai?» sbottò infine – con un tono di voce normale – ridacchiando leggermente. Indicò un ragazzo a caso completamente immerso nella lettura, uno dei pochi che ancora non aveva fatto caso a loro. November lo trovò incredibilmente carino ma altrettanto tonto e insignificante. «Cosa potranno mai farmi, lanciarmi un libro per caso?» il solo pensiero la fece ridere ancora più forte. L'immagine di quei topi da biblioteca senza – forse – vita sociale, che le lanciavano enormi tomi di letteratura contemporanea o opere teatrali per cacciarla via le provocava quell'effetto. River non avrebbe sicuramente approvato quella sua uscita e così, per evitare stupidi litigi per una cosa altrettanto scema, alzò i palmi di fronte a lei e si strinse nelle spalle. Indietreggiò di qualche passo, si tastò la tasca dei pantaloncini, tirò fuori il suo pacchetto da venti sigarette – che al momento ne conteneva tredici – e se ne portò una alle labbra. Soltanto in quel momento ricordò anche che il suo abbigliamento non era di certo consono per un ambiente con così tanti cervelloni e che la gente avrebbe potuto tranquillamente scambiarla per una poco di buono. Non che fosse molto importante, era così abituata alle occhiatacce che le riservavano le anziane sui mezzi pubblici che quasi non ci faceva più caso. Ma quando erano gli stessi ragazzi – gli uomini – a scrutarla con quello sguardo severo, a ricordarle di quanto fosse poca gradita la sua presenza lì con quell'abbigliamento, quando la mangiavano praticamente con gli occhi soltanto perchè aveva una coscia scoperta o un paio di calze nere addosso piuttosto che dei jeans coprenti e aderenti, si sentiva davvero ridicola. Fu quella la stessa sensazione che ebbe quando il ragazzo che aveva schernito poco prima alzò lo sguardo e lo puntò su di lei, ancora con la sigaretta in bocca e l'espressione da idiota mentre continuava a ridacchiare per quello che aveva detto. Non appena il suo sguardo si posò su di lui, e notò con quanto disprezzo la stava osservando, November si sentì mancare. Per quanto libri quei tizi avessero potuto leggere, nessuno di quei cosi avrebbe insegnato loro a rispettare le persone. Se soltanto fosse stata davvero in lei, avrebbe sbattuto le mani sulla scrivania per gridargli che l'abito non faceva il monaco. Ma non ce la fece. Restò imbambolata e il sorriso le si spense.
    «Vado a fumare prima che riprenda a strillare come una forsennata» le disse infine, indietreggiando ma mantenendo comunque lo sguardo fisso su di lui. E poi, tornando con l'attenzione su di River, aggiunse: «E dì a quella faccia di merda che se si azzarda di nuovo a fissarmi con tanto disprezzo il libro glielo ficco su per il... Hai capito no?»
    Perchè per quanto si lasciasse intimidire, una come November non si sarebbe scoraggiata. Mai.

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    ❝ Immortality goes on too long to be taken seriously ❞

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    Tra quegli scaffali, River si sentiva a casa. Era come se la capissero in un certo senso, come se le sussurrassero continuamente frasi di conforto che le impedivano di sentirsi sola. Non che le succedesse spesso: sapeva di essere circondata da gente che le voleva bene, ma a volte sentiva il bisogno di una conferma. Di qualcosa o qualcuno che le dicesse: ehi, non esisti per gli altri, esisti per te stessa. Tu vali. Trascendendo da qualsiasi spot pubblicitario, a volte River sentiva di non essere abbastanza, di non essere, fondamentalmente. Nascondeva e immagazzinava tutto in sè stessa per poi mascherare con un sorriso, con la sua personalità dirompente che, in qualche modo, riusciva a sgretolare quelle incertezze momentanee per farla rinascere come se fosse una fenice. I libri erano la sua conferma. November era la sua casa. Quando guardava quei capelli mossi, quegli occhi che inevitabilmente erano accesi da un brillio ribelle, non poteva che sentirsi il cuore scoppiare di gioia. Era al suo posto, lo era dal giorno che si erano conosciute.
    Ogni occhiata, ogni espressione dell'amica erano accuratamente catalogate nell'archivio di River che, ormai, non aveva nemmeno più bisogno di controllare alcuna cartella per capire cosa November stesse pensando. Conosceva i suoi sorrisi, da quello leggermente sarcastico a quello che mascherava disagio, da quello di sfida al preferito di River: quello sincero, quello che seguiva una risata a crepapelle che le faceva uscire qualche lacrima dallo sforzo di contenere tutta quella gioia. Quello che, a dirla tutta, River non vedeva da un po'.
    «Non ho paura di questi occhialuti, sai? Cosa potranno mai farmi, lanciarmi un libro per caso?» River sorrise lievemente, ma quando la risata di November iniziò a farsi troppo rumorosa il suo sguardo divenne di rimprovero e poi di panico. «Io non li prenderei tanto alla leggera sai? Una temibile armata nerd, che ha letto di tutto e, cosa ben più terrificante, si ricorda tutto. Una rivolta sarebbe terrificante non credi? Per tua fortuna probabilmente non hanno la forza fisica per scagliarti addosso un libro, no probabilmente quello no..» scandì velocemente River, avvicinandosi all'amica per tapparle la bocca. Per fortuna, prima che ci arrivasse, November fece quello che era a tutti gli effetti un cenno di arresa. Scuotendo la testa con un sorriso divertito, River si girò verso i clienti della biblioteca che la guardavano infastiditi, come se la colpa di tutto quello che stava accadendo nel loro piccolo paradiso di studio fosse solo ed esclusivamente sua. Distribuendo sorrisi al prossimo come se non ci fosse un domani fece capire a gesti che non c'era nessun problema e che potevano tranquillamente tornare ai propri tomi. «Tutto risolto, nessun problema, tranquilli» un bisbiglio che era più una mimica labbiale per quelli che erano troppo lontani per sentirla. Sapeva che non avrebbe perso il lavoro, che più che altro era volontariato ormai, ma le dispiaceva comunque immensamente per chi era lì alla ricerca di pace. November non lo faceva apposta, sapeva perfettamente anche quello. Era un ponte tra due mondi in quel momento. Biscotti. Avrebbe fatto dei biscotti per chiedere scusa del disturbo. I biscotti funzionano sempre, soprattutto se imbottiti di gocce di cioccolato.
    Quando si rigirò per salutare momentaneamente November la vide con un'espressione strana, a metà tra l'offeso, l'imbarazzato, il ferito e l'incazzato. E sapeva perfettamente la ragione. Seguì lo sguardo dell'amica fino ad individuarne la causa: John. Davvero? Non era possibile. Era sicura che November avesse interpretato male il suo sguardo, John non era proprio il tipo da importunare, nemmeno a distanza, per quanto sicuramente la persona di November lo infastidisse. Come d'altro canto, infastidiva il 99% dei presenti, River ovviamente esclusa. Lo sguardo di River corse velocemente da lui a lei, da lei a lui, finchè il ragazzo non abbassò lo sguardo e River si trovò decisamente perplessa e spiazzata. Era necessario portar fuori la sua amica di lì ad ogni costo, prima che paranoia e disagio la conducessero a ben altri stati d'animo. No. Doveva evitarlo per forza. Per fortuna, l'amica ci arrivò da sola: «Vado a fumare prima che riprenda a strillare come una forsennata» disse infatti November e River quasi vide una nuvola nera minacciare tempesta sopra la sua testa. «Si forse è megl-» tentò di ribattere River con uno sguardo di disapprovazione per la sigaretta che l'amica teneva in bilico sulle labbra. Perchè doveva rovinarsi così? Il fumo era una cosa che davvero non riusciva a concepire. Le aveva portato via troppe persone, non avrebbe mai accettato fino in fondo che a November toccasse lo stesso destino. November che, tuttavia, non le lasciava nemmeno finire una maledettissima frase. «E dì a quella faccia di merda che se si azzarda di nuovo a fissarmi con tanto disprezzo il libro glielo ficco su per il... Hai capito no?» «NOVEMBER!» gridò River, notando che lo sguardo di John si era subito levato verso loro due alle parole faccia di merda, evidentemente rivolte a lui. Mentre l'amica si allontanava, tutti gli sguardi dei presenti mitragliarono River, ancora, di nuovo, finchè lei non continuò a sorridere imbarazzata, implorando clemenza e perdono e desiderando con tutta se stessa di essere misteriosamente risucchiata dal pavimento. Perchè funziona solo nei film?
    Riappropriandosi del carrello dei libri, River iniziò a vagare tra gli scaffali cercando di sistemare il tutto il più in fretta possibile ma, quando vide November che la scrutava da una finestra dell'ingresso mentre fumava con un'aria che significava solo ed esclusivamente muoviiltuodannatoculoevieniqui, non potè far altro che abbandonare la pila e raggiungerla immediatamente con uno sbuffo divertito. Casa. Quella ragazza era decisamente casa.

    scheda ( ) → dress: ( ) → Beatrice Portinari
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