God help the boy and the girl

Abi + Jemy

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    Abigail aveva passato la notte con Jeremy nella sua camera da letto, senza nasconderlo a suo padre né al resto della famiglia. Forse aveva, come al solito, un po' troppo bisogno di quelle stupide attenzioni che suo padre avrebbe dovuto darle, e le avrebbe dato se non fossero stati in quell'assurda situazione con un'altra mezza famiglia in casa, per usare un po' di buonsenso e non sventolare le sue relazioni prematuramente intime a nessuno. Ma Liv era fatta così, e suo padre lo sapeva bene: sarebbe stato paziente, perché in lei sua madre brillava di luce propria e, ma non solo per quello, lui adorava la sua bambina un po' troppo cresciuta.
    Con addosso solo una maglietta vecchia si alzò dal letto dove ancora Jeremy era steso, che dormisse o meno, per lavarsi il viso e sistemare un po' i capelli, perlomeno. Non aveva intenzione di sembrare una strega alle sette di domenica mattina, ma in realtà quando arrivò davanti allo specchio sorrise ad un visetto stanco ma piutosto sveglio, senza troppe rughe da cuscino o occhi appiccicaticci.. non aveva dormito per gran parte della notte, in effetti, e non solo per quello che aveva fatto con Jeremy, ma anche dopo, e prima.. non dormiva da un po', la notte, ultimamente, e per questo la mattina dopo le rimanevano solo poche borse sotto gli occhi, anche piuttosto carine: di questo ringraziava.
    Sbuffò, cercando se poteva prendere qualcosa per la testa, quando le venne in mente che in camera sua c'era Jeremy da solo, e doveva essere solo con le sue cose, che non aveva nascoste.. soprattutto una tra tutte le spaventava, e non aveva niente a che vedere con tradimenti,.. era molto, molto peggio.
    Oh, ancora peggio..

    Come si scaricava un cantante? Insomma, stava con quel Jeremy da molto poco, ed era piuttosto eccitata da quei ricci che aveva in testa e dal fatto che era la sua vittoria contro Natalie, ma non poteva comunque continuare a quel modo. Che lui lo fosse o meno, Abigail avrebbe continuato per sempre a pensare a lui ancora attratto da sua sorella (sorellastra..) più che da lei, e.. no, non poteva sopportarlo. Dopo che aveva spaccato uno specchio con un pugno lo aveva capito: Jeremy non faceva per lei.. non poteva continuare a farsi domande così stupide tutto il tempo quando era con lui. Non solo non le avrebbe fatto bene, ma.. avrebbe reso quella stupida di Natalie ancora più continuamente nella sua testa,.. dio, persino scopare con Jeremy sarebbe stato farlo con lei, ad un erto punto!
    La domanda rimaneva la stessa. Abigail fece persino l'abbonamento ad una rivista abbastanza specifica sull'argomento.. alla fine le venne come la stupida illuminazione che quel modo per lasciare Jeremy, che era un cantante, scriveva canzoni ed era in una band, sarebbe stato scrivergli una canzone d'addio, per così dirla. Lasciare un cantante con una canzona. Che idea stupida.
    Non aveva più buttato quella canzone.

    Abigail corse scalza fino alla sua stanza, spalancò la porta e si sentì davvero stupida. Jeremy stava in piedi davanti alla sua scrivania con quel quaderno.. naturalmente, dato che conteneva una canzone, doveva essersi incuriosito a vederlo là. Si decise a muoversi dalla porta, con le stesse borse sotto gli occhi e gli occhi stanchi, ma adesso anche quasi spaventati, seppure cercò di nasconderlo con gran capacità.
    "Lascia quel quaderno, Jemy.. È.. è una cosa personale." Si avvicinò a Jeremy e sperò non avesse letto niente, o non fosse arrivato almeno alla parte più.. stupida di quella canzone. "Davvero, non voglio che tu lo legga,.. è pieno di idiozie."

    Tell me you won't let me die
    But you'll let me die
    Tell me you were there for me
    But you are here for her
    "Don't be silly, Liv, I don't love you"
    "Don't be silly, Jem, I don't want you to love me"
    I don't want me to be yours again
    You have never nevere never been mine..
    I don't want you to be mine again
    It's over, Jemy
    It never really stars..
    (...)
    e non sapete quante altre parole cattive ancora..

    ▲ Liv Abigail Tallish ▼
    He kissed me hard on my lips and whispered to my ears: "Baby girl you don't mean a thing to me. You don't really mean a thing at all". I BELIEVED HIM. i knew he loved me, but i believed his words.

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    Edited by cute when i cry - 20/2/2015, 21:46
     
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    «Cazzo; che letto scomodo...»
    Pensai mentre un movimento del materasso mi liberava dall'abbraccio di Morfeo.
    Probabilmente quel letto non era realmente scomodo, ma non era il mio. Ed ognuno trova un materasso che non fosse il suo abbastanza diverso. Ognuno col proprio materasso ha un rapporto molto intimo, quasi di simbiosi; in cui già sai come devi metterti per trovare la posizione più comoda e poterti coricare su una nuvola. Sul quel materasso, invece, il dormire è diventato una cosa secondaria. Anche se, la ricerca della posizione più comoda; in un qualche modo, c'entrava ancora.
    Aprii leggermente gli occhi, permettendo alla mia pupilla di assorbire le prime luci della giornata. Le immagini erano abbastanza sfocate, e tenere le palpebre sù, era quasi una tragedia. In tutto questo notai una figura uscire dalla stanza: Abigail; e con questo potete capire il mio discorso della ricerca della posizione precedente.
    Accumulai tutte le forze che potevo, e mi issai nel bel mezzo del letto. Letto, forse, fin troppo grande per una persona sola. Probabilmente come lo avevo a casa; quella dei miei genitori. Quello della mia casa, personale diciamo, era molto più piccolo. Probabilmente era quello il motivo per cui ci trovavamo a casa sua e non da me. Anche se lì correvo correvamo molti più rischi.
    Scossi la testa, come a far passare certi discorsi dalla mente, come un cane che si dimena per levarsi l'acqua di dosso.
    Mi alzai, indossando i miei boxer che erano in terra. Non che avessi vergogna di farmi vedere da Liv nudo, dato che avevamo appena passato la nottata insieme, ma in quella casa abitavano altre persone; e speravo che questa volta avevamo avuto il buon senso di chiudere la porta; non come al solito. E poi, stare con "Pipino il Grande" al vento, non mi entusiasmava molto.
    Non appena poggia i piedi, ancora caldi, sul pavimento, come al solito gelido, un brivido percorse la mia spina dorsale per tutta la sua lunghezza, procurandomi alcune smorfie facciali.
    Il mio intento era quello di andare a vedere se effettivamente la porta fosse stata chiusa o aperta. Ad ogni passo che facevo, i miei piedi nudi; quasi rimanevano incollati al pavimento. Facendo il classico rumore ogni volta che li sollevavo, come se ad ogni passo lascivo in terra uno strato di pelle.
    Sulla scrivania, di fianco alla porta, c'era un quaderno.
    Chissà di quale materia era. Non avevo mai pensato ad Abigail come una grande studentessa. E sinceramente m'incuriosiva conoscere la sua calligrafia. Che fosse ordinata, rotondeggiante, confusionaria? Se poi era qualche argomento di qualche materia che ricordavo, avrei anche potuto darle una mano se avesse voluto. Ed anche lei avrebbe potuto darmene una... Nessun doppio senso questa volta. Mi riferivo davvero allo studio, anche se io sono più avanti, lei può sempre aiutarmi studiando con me; tenendomi attento e tutte queste cose qua. Perchè solitamente alle ragazze piace fare queste cose sui ragazzi... Dai, pensate al doppio senso anche ora, così possiamo andare avanti.
    Così, aprii il quaderno.
    Con mia grande sorpresa, sfogliando un pò le pagine, notai che non fosse di nessuna materia. Probabilmente non era un quaderno di scuola.
    La mia attenzione, fu rapita da una pagina in particolare. Mi ci cadde subito l'occhio, perchè tra mille parole, mi risaltò agli occhi il mio nome. Poi il suo. Sembrava essere una poesia. O una canzone.
    E non sembrava essere d'amore.
    Affatto.
    Presi il quaderno in mano, per poter leggere meglio. E cercare di capire, cosa potesse essere.
    Prima che potessi finire, e tirare qualche conclusione, quel quaderno mi fu letteralmente sfilato dalle mani. Era stata Abigail, non l'avevo sentita arrivare; fu quasi come la comparsa di un fantasma. E a dirla tutta, quel quaderno qualche fantasma lo fece comparire per davvero. Più di uno, a dirla tutta. Anzi, ricomparire.
    «Lascia quel quaderno, Jemy.. È.. è una cosa personale. Davvero, non voglio che tu lo legga,.. è pieno di idiozie»
    «Nessuno meglio di me può capire certe cose... E non essere sciocca lo sai meglio di me, che tra le idiozie "scherzando si può dire di tutto, anche la verità"Sigmund Freud...» Sputai fuori tutto d'un fiato, senza capire bene cosa stesse succedendo; l'unica cosa che riuscii a fare, fu citare una delle sue frasi, per farle comprendere che avevo letto...

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    Edited by **stone** - 18/2/2015, 22:50
     
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    Abigail non era proprio pronta a sostenere quella conversazione, eppure, non era stupida per davvero: capiva che ormai sarebbe stato difficile uscirne senza tirar fuori qualche conclusione da quelle pagine che davvero credeva delle idiozie, ma non per quello pensó di arrendersi subito e di mettere a tacere la migliore delle sue abilità, la sua capacità di corrompere in qualsiasi direzione, non adesso che fare quello con successo avrebbe significato uscire da una situazione povera e imbarazzante.
    Insomma, al di là degli aforismi di Freud - Abigail adorava il padre della psicoanalisi - aveva sempre ritenuto una stupida debolezza tenere un diario pieno di pessime idee e pensieri scadenti, perché lei non era certo una poetessa, e neppure avrebbe desiderato esserlo, probabilmente. Ma ora si sentiva ancora più piccola di quando scriveva sul suo diario, rannicchiata sul suo letto con qualche calmante di troppo per invogliare il sonno.
    Jeremy doveva star rivivendo tutti i momenti della sua storia con Natalie fino alla fine - molto simile a quella scena che ora si riproponeva - e tutto solo per colpa di lei: si poteva essere più sbagliati di così? Aveva praticamente reso realtà l'ultima cosa che desiderava da quel ragazzo.
    "Fantastico, " confermó, con una certa ironia; "hai letto abbastanza, immagino.." avrebbe imprecato con molta più semplicità e soprattutto immediatezza, ma era sempre lì a mantenere atteggiamenti ultra-razionali e composti, e sicuramente non volgari, che le evitarono quella figura.
    "Non credo che ci sia davvero qualcosa da dire, mi dispiace avertelo sbattuto in faccia in quel modo e attraverso quella pessima..poesia, ma oltre a questo, tutto il resto non significa molto. Sono solo vecchie pagine di un vecchio quaderno..e poi nessuno di noi due ha mai pensato di portare avanti una relazione seria e duratura fino al matrimonio, no?" mentre parlava usó la tecnica piuttosto vile del "distrai il nemico" spogliandosi per rimanere a seno scoperto davanti all'armadio, e infilare lentamente e in modo vagamente sensuale un vestitino che sarebbe stato il suo abito per la giornata, dai colori pastello e degli accenni di petali rosati nel motivo della stoffa. Un vestito semplice per casa ma che risaltava le forme femminee del suo corpo già di donna, scelto minuziosamente anche se con una pronta sveltezza per uscire da quella situazione.
    Incredibilmente, giudicó veramente chiuso il discorso e con una naturalezza quasi spaventosa chiese, dirottando completamente il discorso e abbandonando anche con noncuranza il diario da una parte sul letto ancora disfatto; ".. Figurarsi, il matrimonio è solo un modo come un altro per schiavizzare una donna, ma per grazia divina non siamo più vergini fino alla luna di miele, no? Dio, almeno noi che viviamo nel XXI secolo e non siamo cristiani..." mentre finiva di vestirsi, Abigail lasció prendere al discorso una delle pieghe che preferiva: era piuttosto fiera di essere una donna fondamentalmente femminista in un secolo che era da considerarsi moderno, o almeno sciolto dalle barbarie dell'Ottocento in cui donne e ragazze non erano che mogli e figlie.
    " Hai da fare, oggi? Provi qualcosa di nuovo con la band?".
    Alla fine, comunque, rimase in silenzio ancora prima che per ascoltare la risposta di Jem alla sua domanda; rifletteva sul fatto che forse avrebbe avuto bisogno di una relazione più stabile con il ragazzo, non certo un matrimonio: ma una dichiarazione spassionata di intenti sarebbe stata certo più semplice di così.. O magari no, a pensarci bene; Liv era davvero di quelle menti complicatissime per cui le cose più incasinate erano più agevoli, alla fin fine, che quelle già chiare.

    ▲ Liv Abigail Tallish ▼
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    Edited by cute when i cry - 20/2/2015, 21:44
     
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    Ma che diavolo stava succedendo?
    Leggere quelle parole, mi fece quasi raggelare il sangue nelle vene. Per quanto io e Liv stessimo insieme da poco, e vedevo nel nostro rapporto non una grande cosa, quelle parole di colpirono nel profondo. E pure...
    E pure, pensavo di avere ancora l'armatura indosso. E pure, pensavo di non sbilanciarmi più troppo in certe cose. E pure, credevo di stare camminando radente il muro proprio per evitare altre coltellate. E pure...
    E pure, pensavo che quella ragazza non potesse farmi del male. Pensavo d'aver imparato. E pure...
    Sarà stato tutto amplificato dal fatto che fossi sveglio da pochi istanti, e fossi ancora un pò intontito. E pure...
    Sarà il fatto che mi sembrava di rivivere una sorta di, fottutissimo, dejavù. A ruoli invertiti; certo. Abigail interpretava me. Ed io interpretavo Natalie. Solo che io non scrivevo di quanto lei mi facesse... morire. Addirittura...
    E soprattutto, anche se quello fosse stato il mio pensiero; non sarei mai stato tanto stupido da farglielo leggere. Anzi, quella volta andò al contrario. Non lesse di farmi morire; ma bensì leggendo m'aiutò, poi, ad iniziare a vivere; in un certo qual modo. Quindi, non solo erano ribaltati i ruoli; ma anche il punto centrale, diciamo.
    Disse che non dovevo leggere; perchè fosse una cosa personale.
    Chi, meglio di me poteva capire quella cosa?
    "Io non ho mai avuto niente, a parte le mie penne e un foglio". "Io che sono sempre stato la seconda scelta, dalla peggior troietta al miglior amico di merda".
    Io che non volevo che alcuno al mondo leggesse quelle cose.
    Quando la vidi lì, dinanzi a me; prendere quel quaderno in maniera tanto veloce e stringerlo a sè; rividi me stesso.
    Una parte di me voleva sbraitare, prendere a calci le pareti e ribaltare il letto. Chiedendole cosa avessi mai potuto fare per farle credere quelle cose, per farle scrivere quelle cose, per farle anche solamente immaginare che potessi farla morire. Ed il motivo per il quale non mi avesse mai parlato di questi suoi pensieri.
    Un'altra parte di me; voleva le stesse cose. Ma in maniera decisamente più calma. Avrei voluto abbracciarla. Dirle che le volevo bene. Nonostante tutto. Nonostante tutte quelle brutte parole. Probabilmente, per lei, sarebbero state la cosa giusta e le parole giuste al momento giusto. So benissimo cosa si prova quando si scrivono certe cose. Posso immaginare come si sia potuta sentire.
    Ma non feci alcuna cosa. Non feci volare sedie, nè quantomeno la strinsi a me.
    Come al solito entrambe le cose sembravano la cosa sbagliata; e sicuramente se ne avessi fatta una, andava fatta l'altra. Decisi di rimanere già tra gli ignavi. Facendomi, abbastanza, schifo, per questo motivo e per i due lati di me stesso, da solo. Forse è per questo che casa mia sarebbe dovuta essere la N°237.
    Probabilmente ciò, era dettato anche dalla sua espressione. Non la affranta o che; non che dovesse struggersi dinanzi a me; ma la sua espressione di quasi sufficienza, come a dire "Sì, hai letto quella cosa, e quindi?"; mi bloccò un pò, perplimendomi.
    «Fantastico hai letto abbastanza, immagino.. Non credo che ci sia davvero qualcosa da dire, mi dispiace avertelo sbattuto in faccia in quel modo e attraverso quella pessima..poesia, ma oltre a questo, tutto il resto non significa molto. Sono solo vecchie pagine di un vecchio quaderno..e poi nessuno di noi due ha mai pensato di portare avanti una relazione seria e duratura fino al matrimonio, no?»
    Le sue parole sembrarono avvalorare ciò che pensavo. E cazzo, se a lei non importava; perchè a me doveva importare? No? Voleva metterla sua questo piano? Mi andava bene. Tanto a scuola mi sarebbe bastato schioccare le dita per far accorrere tutte le ragazze che volevo.
    "Solo vecchie pagine di un vecchio quaderno"; come se stessimo insieme da anni ed anni.
    Mi limitai ad una smorfia ed scuotere la testa, nella maniere più indifferente e menefreghista che potevo.
    Mentre parlava, si spogliò per poi andarsi a rivestire.
    "Non importa se davanti ho una dea, a me sembra solo un fiore morto travestito da orchidea".
    Il suo seno nudo, così come tutto il suo corpo, era sempre un bel vedere. "Voglio aprirti il petto e vedere se sei bella dentro". Ma stranamente quasi non mi fece effetto. Non pensai di voler giocherellare un altro paio di volte con tutto quel ben di Dio, e poi "addio". Quasi avevo ancora sotto gli occhi quella poesia. Come la chiamò lei. Come se mi avesse toccato.
    Forse aveva fatto ciò che doveva. In fondo, le poesie e qualsiasi cosa si scrive, le si fa anche per toccare internamente ed emozionare chi le legge.
    Quando si girò per prendere qualche vestito, o qualsiasi cosa volesse indossare; anche io iniziai a raccattare un pò le mie cose. I segnali parlavano chiaro, stava per iniziare la giornata; e probabilmente, ognuno per il conto proprio.
    «.. Figurarsi, il matrimonio è solo un modo come un altro per schiavizzare una donna, ma per grazia divina non siamo più vergini fino alla luna di miele, no? Dio, almeno noi che viviamo nel XXI secolo e non siamo cristiani...» Continuò.
    «No, fino alla prima elementare... Forse» Ghignai, sperando con tutto me stesso di ricordarmi questo scambio di battuta-pensiero, per poi raccontarlo ai ragazzi della band e farci qualche grassa risata.
    Non lo dissi ad alta voce, perchè in momento come quello, non avrebbe preso la mia esternazione per quello che era: una semplice battuta di spirito. Sicuramente l'avrebbe presa sul personale, ed io assolutamente non pensavo questo di lei.
    E poi, perchè continuava a parlare cambiando discorso? Sembrò quasi che avesse qualcosa da nascondere. Oppure come se il discorso precedente non la faceva sentire a suo agio.
    Mi sedetti sul letto per rivestirmi.
    E lei ci appoggiò sopra, quasi distrattamente, quel quaderno. Come se non gliene importasse più. Come se nulla fosse accaduto. E nonostante fosse leggermente dietro di me, e avrei potuto prenderlo senza allungarmi troppo, non lo feci. Se a lei non interessava, mi andava bene. Perchè doveva interessare a me? Stava andando tutto come voleva? Perfetto...
    Una volta infilato il jeans, mi alzai dal letto.
    «Hai da fare, oggi? Provi qualcosa di nuovo con la band?»
    «Non saprei... Ogni tanto a qualcuno capita anche di avere il blocco dello scrittore... Se non ho niente da fare, te lo posso far sapere...» Dissi mentre prendevo la maglia.
    "Due cannibali finiranno sempre per sbranarsi".

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    Abigail aspettava quasi morbosamente l'uscita di Jeremy dalla stanza; si sarebbe poi infilata sotto le coperta, rannicchiata in se stessa come nel ventre materno, e avrebbe urlato straziata e avrebbe avrebbe dato fuoco a quello stupido quaderno e a lei insieme, per risolvere due problemi in una sola botta.
    Ma le fiamme del dolore che svaniva rimasero nella sua immaginazione ancora per poco: non era più una bambina. Non era più neppure una ragazzina, ed ora bisognava affrontare le cose in modo diverso. Più che altro, bisognava affrontarle e basta.
    In effetti, a quel caratterino non piaceva scappare. Anzi, lei odiava farlo e doversene rimanere da sola a crogiolarsi nelle sue speculazioni mentali e le sue ansi e paranoie. Adesso, rimasta sola, avrebbe riletto da capo a fondo quel libro, ne era sicura, poi lo avrebbe sbattutto al muro e avrebbe distrutto qualcosa che le sarebbe stata in quel momento pericolosamente vicina, e poi.. "Dio, non voglio piangere per questa stronzata".
    Non voleva farlo, ma osservò sottecchi la reazione di Jeremy, scoprendola proprio identica alla sua. Il problema, però, era che sapeva cosa provava lei veramente, in quel momento.. ma Jeremy? A lui importava di quello che aveva appena letto? Avrebbe reagito in qualche modo, fosse anche stato da solo, a quella situazione? Gli importava di lei?
    Sua madre le avrebbe detto che era solo lei che doveva contare davvero nella sua vita, in quelle occasioni. Le avrebbe detto, se fosse stata ancora là a parlare ormai ad una ragazza e non più ad una bambina, che Jeremy avrebbe dovuto darle solo sensazioni positive, che avrebbe dovuto instaurare con lui un rapporto sano e giusto, un.. come una piacevole passeggiata con uno spuntino delizioso in mano sotto un cielo sereno. "Oh, mamma, come sono cambiati i tempi.. ti stupiresti di come non ci sia più che motivi per stare in ansia e angoscia, in giro".
    L'unico modo per stare bene insieme a qualcuno, da come aveva intuito ormai Abigail, era forzarlo, annullarlo, ingobarlo in lei e semplicemente renderlo schiavo della sua volontà, dei suoi sentimenti, dei suoi piaceri di qualsiasi genere. Non si parlava di sesso né di nient'altro di simile, ma solo di esercitare una forza così forte da avere potere su di tutto, anche sulla persona.. che si voleva vicino.
    Ma Jemy, in realtà, non sarebbe mai stato il suo cagnolino, e lei non si sentiva neppure di avere una qualsiasi importanza nella sua vita.
    Insomma, gli importava qualcosa di lei?
    Non ragionò più di un attimo sul fatto che lei potesse dare lui la stessa impressione; insomma, perlomento a Jeremy importava della musica, ed era importato di Natalie. Abigail perlomeno poteva stare certa che ce l'avesse un cuore, in fondo, perché lo aveva già mostrato in passato, e il cuore non è come un'abitudine che si perde.
    Ma lei, invece? Lei sembrava molto più gelida di qualunque creatura cui scorresse effettivamente ancora del sangue nelle vene. Sì, recitare le piaceva, lo faceva da molto: ma sembrava fosse molto più un modo per affermarsi, per diventare famosa, celebre, adorata che semplicemente un piacere per se stessa e un'amore per l'arte del cinema e del teatro. E per il resto.. forse non era così capace neppure ad odiare.
    Comunque, Abigail non riusciva a prendere questo punto di vista. Lei, in fondo, sapeva chi fosse ed era abbastanza sicura che le importasse molto, anzi troppo, e praticamente di tutto.. l'idea che ne avessero gli altri di questo, le sfuggiva il più delle volte.
    Quando sentì la risposta di Jemy, poi, le piombò in mente un pensiero stupido e insistente: Jemy pareva avesse scritto un intera raccolta di dischi musicalimentre era con Natalie (e fondato una band..) e invece ora che stava con lei, aveva il blocco dello scrittore, persino. Wow, doveva essere davvero tremenda.
    "Non ti disturbare. " disse con un tono distante, ma non finì lì "per dis-grazia divina"; "In realtà, ho altro da fare oggi; passerò tutta la giornata a scrivere di quanto non ti importi niente davvero e che a dir la verità penso ancora tutte quelle cose, ma tanto.. a chi importa, giusto?" Assunse un tono più sincero, nella sua voce sottile e femminile in una maniera incredibilmente dolce, ma pure tagliente. "Dovresti andartene, per piacere. Così posso iniziare subito." Quelle parole, naturalmente, erano un chiaro modo per metterlo alla prova. "Se esce da questa stanza adesso, giuro che lo uccido."

    ▲ Liv Abigail Tallish ▼
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    "Io sono un fallimento straordinario; scusate, ma mi merito un applauso".
    Avevo appena scoperchiato il Vaso di Pandora; ed ero rimasto immobile.
    Avevo appena assistito alla trasformazione di quella stanza, da Campi Elisi a centro dell'Ade. Non che pensassi che effettivamente quella camera fosse il Paradiso per chissà quale motivo. Ma mi trasmetteva un senso di pace e serenità. Non so ben dire il perchè. Ma era così, effettivamente. Ma da quando avevo aperto le pagine del Necronomicon e letto il suo contenuto, tutto è stato rovesciato.
    Probabilmente la colpa non è tutta mia. Forse, io lo avevo letto; certo, ma era stata lei a scrivere.
    Ma probabilmente l'ha fatto proprio per qualche mia mancanza. E forse, è stata invogliata a fare ciò proprio perchè stando a contatto col sottoscritto; aveva capito che era un buon modo per sfogare ciò che hai dentro.
    Ed in tutto quello restai immobile. Come essere nel bel mezzo dell'occhio del ciclone all'interno di un tornado.
    Quando lei mi chiese se avessi da fare con la band, cosi l'occasione per mandarle una frecciatina.
    Probabilmente non sarà stata l'idea migliore, ma purtroppo, è stato più forte di me. Le dissi che a qualcuno capitava di avere il blocco dell scrittore. Riferendomi al fatto che lei, invece, aveva scritto parecchio.
    Che poi alla fine, questo è solo un mio pensiero. È possibile anche che lei abbia scritto solo quella cosa; e che l'avesse fatta in in un singolo momento di depressione e sconforto. E che quel quaderno in realtà fosse pieno di semplici scarabocchi, appunti di scuola o che ne so, forse anche qualche cuoricino. Ma è anche vero, che se ha tenuto a prenderlo dalle mie mani con tanta veemenza; probabilmente deve aver nascosto qualche altro cadavere. Probabilmente il suo... E con tutta probabilità, l'assassino sarei stato io; ancora. Di questa cosa non riuscivo proprio a capacitarmene.
    "Ho fatto talmente tante cose brutte che ho le ali distrutte, Padre non posso fare in tempo a raccontarle tutte, perciò la notte non chiudo gli occhi sto sveglio e scrivo; mi cavo il cuore, così c'è spazio per altro schifo".
    Cercai di prendere la maglia in terra, andando a tastoni. Ogni movimento mi sembrava meno fluido del solido; come se il mio cervello fosse scollegato; come se i nervi fossero stati quasi recisi di netto.
    «Non ti disturbare.» Disse mentre le davo le spalle mentre recuperavo la maglia, riferendosi alla mia proposta di farle sapere se fossi libero la giornata.
    Quelle parole abbastanza fredde e distaccate, proprio non me le aspettavo. Ma forse erano la giusta ricompensa al mio voler fare il quello a cui non importava, dicendole "se non niente da fare ti faccio sapere"; come se fosse una seconda scelta o una sorta di ruota di scorta. E poi, le stavo servendo la mia schiena su un piatto d'argento. Affondarci un coltello, era semplice. E poi "l'occasione fa l'uomo assassino". Forse, non è propriamente così il detto; ma questo va decisamente meglio. Anche se solitamente, tra i due, l'assassino sono io. Probabilmente si era concessa una dolce vendetta.
    «In realtà, ho altro da fare oggi; passerò tutta la giornata a scrivere di quanto non ti importi niente davvero e che a dir la verità penso ancora tutte quelle cose, ma tanto.. a chi importa, giusto? Dovresti andartene, per piacere. Così posso iniziare subito»
    «A me importa...»
    "Facevamo l'amore e dicevi "chiudi gli occhi" ed ora dici lasciami e guardami andare via; invece io che vorrei scrutarti mentre dormi e prendermi gli abbracci tuoi fino all'asfissia".
    Le sue parole, questa volta sembrarono essere diverse. Sembravano dolci e... sincere. Probabilmente aveva deciso che, in mia presenza, poteva levarsi l'armatura.
    Poteva addirittura passare un'intera giornata a scrivere quelle cose? Che le cose per le quali "moriva" erano così tante?
    Ma se fosse solo una trappola?
    In fondo, lo sanno tutti che per abbindolare un pò i maschi basta fare gli occhioni dolci e rendere la voce più soave. E la sua voce, dannazione, fu proprio una melodia perfetta. Come se quasi ogni lettera pronunciata, accarezzasse la tua pelle.
    Non potevo permettermi di cadere in quella trappola. Ci ero cascato fin troppe volte. Le avevo mostrato la schiena per fin troppo in quei momenti.
    Mi avviai lentamente verso la porta, senza dire niente. Con lo sguardo basso, per evitare di incrociare il suo.
    Probabilmente sarei stato il più grande dei bastardi. Ma, in fondo, stavo semplicemente facendo ciò che aveva chiesto.
    Probabilmente sarei andato a casa ad ubriacarmi per non pensarci "bevendo solo lacrime da quanto avevo sete".
    Arrivai alla porta. Misi la mano sulla maniglia. La sentii abbastanza fredda. Perfetta per quella situazione.
    Lasciai poi la maniglia ed infilai rapidamente la maglia.
    Aprii, poi, lentamente la porta; e feci per andarmene... Ma mi bloccai.
    Mi girai, socchiusi nuovamente la porta e tornai verso il letto...
    «Stavo dimenticando le scarpe...» Dissi mentre mi chinavo per raccoglierle
    «E comunque, ti sbagli... Ci sono cose di cui mi importa. E tu? C'è qualcosa di cui t'importa?...
    A me, di quelle cose m'importa...»
    Dissi, con le scarpe ancora in mano, mentre mi dirigevo verso la porta.
    L'ultima frase la sussurrai, quasi la respirai...
    " Non ti dirò "ti amo" come tutti, te lo dimostrerò perchè fermarsi ai riassunti?"

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    Abigail colse immediatamente il significato di quelle parole. Ma, no: non erano sufficienti. Al massimo potevano esserlo a guadagnargli di ricevere quelle scarpe che era tornato a prendere in fronte. Ma forse una sincera, crudele e cinica chiacchierata sarebbe andata anche meglio..

    "Oh, lo sappiamo tutti che sei un brillante cantante, scrittore.., frontman, Re del ballo e tutto il resto dei tuoi straordinari talenti.." (si rimangiò con difficoltà di dire anche troia, tra gli altri. Perchè, in fondo, si diceva troia per le ragazze e sciupafemmine, che era un vanto, per i ragazzi?) "..E naturalmente devi credere che a me non importi nulla di ogni cosa che faccio, giusto? In fondo non sono altro che una stupida attrice da due soldi che ti scopi, cosa dovrebbe davvero contare per una come me? Magari solo che i miei capelli abbiano un bell'aspetto quando mi sveglio la mattina, magari proprio niente.. Beh..., sai cosa, Jemy? Hai totalmente ragione; non mi interessa davvero, anzi, non mi frega praticamente nulla di diventare una grande attrice.. A me importa di te, Jeremy. " Il tono sarcastico e intimidatorio, come se volesse provocare in Jeremy una reazione opposta a quella che aveva avuto fin'ora, svanì quando smise di parlare di quello che pensava lui pensasse, e iniziò a parlare di cose c'era davvero dentro di lei. Non che non fosse coraggiosa abbastanza, Abigail Tallish.
    "Santo Dio, non per questo voglio sembrare una ragazzina.. Non mi va di dire quello che credo perché sembrerei davvero una stupida e non è proprio nelle mie intenzioni. " alzò le spalle, smettendo di guardare il ragazzo piuttosto distante da lei. "Lo so che non ti è andata bene in passato, insomma.. Natalie vive sotto il mio stesso tetto e non è proprio una di poche parole quando si tratta di.. odiare." Odiava Abigail, odiava forse anche Jeremy: ma non era quello il punto. "Non mi importa, non dovrebbe essere così difficile starti dietro, comunque. Insomma.. se ti importasse davvero di una persona, una qualsiasi, piuttosto che dell'arte o.. della musica, non gli renderesti le cose così difficili. " Sorrise appena, come se fosse tutto a posto, e non stesse parlando di lei davvero.
    In fondo, non poteva davvero amare qualcuno che non la amasse per primo, era una delle basi. Non c'era certo tra le regole quella di non scambiare parole o baci o quant'altro con un maschilista, egoista stupido musicista, ma forse gli artisti erano tutti così.. il mondo in fondo era piuttosto noioso, poteva andare a "categorie". Oh,.. e poi Jeremy era bello, e persino la psicologia diceva che la bellezza sembrava una garanzia in quel genere di situazioni, a mostrarsi egoisti, narcisisti e stronzi come non mai. Certo sarebbe stato anche un discorso incoerente: anche lei era un'artista, in una certa maniera, e le attrici erano sempre di bell'aspetto, o quasi. Ma che importava, no? Le statistiche erano sempre stupide, e poi aveva appena ammesso che le importava davvero di Jeremy.. oddio, se Natalie l'avesse sentita adesso.. gliel'avrebbe rinfacciato per il resto della sua vita là.
    Eppure Jeremy le sembrava comunque più ridicolo di lei, in quella situazione. Al 90% sarebbe scappato, e per quanto riguardava l'altro 10%.. non avrebbe detto altre stupidaggini come quelle che aveva appena tirato fuori?

    ▲ Liv Abigail Tallish ▼
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    Stavo scappando?
    Sul serio, stavo andandomene da quella stanza?
    Probabilmente è vera la storiella del fatto che la "storia si ripete" e, a quanto pare "jodellavitanonhocapitouncazzo".
    Ci stavo ricascando. Le cose andavano male, ed era meglio sotterrarle e far finta che non esistessero e tirare avanti. Per poi essere tutti baci e carezze in pubblico.
    Anche se, con tutta probabilità, la mia uscita da quella stanza, in questa occasione; avrebbe messo il punto "fine" a tutta la storia. Probabilmente non istantaneo; ma sicuramente sarebbe stato quello il momento in cui avremmo potuto considerare la morte del rapporto; e scrivere quella data e dell'ora sulla sua lapide.
    Ma a volte sono i piccoli particolari a rendere bellissime le storie. Sono gli eventi casuali a far prendere una piega diversa a tutte le situazioni. Cose senza una minima importanza. Il butterfly effect insegna; dopotutto. E la mia farfalla, furono le scarpe in quella situazione. Fu il fatto di averle dimenticate, a farmi tornare indietro. E tornando a prenderle, ebbi il coraggio di espormi un pò dinanzi a Liv. Altrimenti, se non fosse stato per quel paio di scarpe, io sarei andato a casa a ridurmi peggio di uno straccio. E invece... Invece, passai altri pochissimi istanti in quella stanza, dove, convogliando tutte le forze dentro di me, con gli occhi chiusi e lo sguardo distante dal suo, proferii quelle parole, cercando di trovare uno spiraglio. In fondo, prima di tornare indietro a prendere le mie calzature, avevo socchiuso delicatamente la porta della sua camera; che sarebbe bastato un solo alito di vento per aprirla, e le mie parole furono proprio così, non più forti di un respiro; perchè temevo che potessero provocare un uragano dall'altra parte del mondo.
    In fondo, uno che crede di essere una rockstar, non può che trovarsi a proprio agio nella "Teoria del Caos" e nell'imprevedibilità, non credete?
    Quindi, tutto ciò potrebbe anche non essere visto come parola "fine" di tutta la situazione.
    "io ho il cuore che mi scoppia; ma ogni inizio, inizia da una fine".
    Nonostante tutto, dopo aver ricercato il coraggio per parlare; ed il sangue sputato insieme ad ogni lettera; feci comunque per andarmene.
    Fui bloccato, letteralmente, dalle parole di Abigail.
    «Oh, lo sappiamo tutti che sei un brillante cantante, scrittore.., frontman, Re del ballo e tutto il resto dei tuoi straordinari talenti..» A quelle parole, alzai la testa; quasi scocciato. Potevo essere quelle cose per gli altri. Ma non potevo esserlo per lei. Non potevo essere SOLO quello. Non volevo.
    «Non ti sei dimenticata qualcosa?»
    Mi appoggiai con la schiena alla scrivania di fianco alla porta, dove prima c'era il quaderno, dove tutto ha avuto inizio; abbassando il capo e sorridendo a tutte quelle etichette che avevo indosso, ma che non mi rivedevo.
    Lei, poi, continuò a parlare.
    Ironica e sarcastica come al solito. Questo particolare aspetto, mi ha sempre fatto, letteralmente, impazzire.
    Insinuò che io la vedessi solo come una bambola di pezza, bellissima; ma vuota, alla quale non importava niente nella vita se non le cose più frivole ed inutili.
    Sorrisi, sempre con il capo basso. Non certo perchè condividessi ciò che aveva appena sputato. Ma solo per il modo in cui lo aveva fatto.
    «Hai totalmente ragione; non mi interessa davvero, anzi, non mi frega praticamente nulla di diventare una grande attrice.. A me importa di te, Jeremy. »
    A quelle parole alzai il capo di scatto. Non mi aspettavo per niente una frase del genere. Incastonai i miei occhi nei suoi. Glaciali occhi azzurri, che sembravano celare un immenso e sconfinato mare ghiacciato. Mi sembrò quasi di trovarmi lì. Sentii un leggero brivido lungo la schiena.
    Lei stava per continuare il suo discorso. Non la interruppi, anche se avevo molto da dire.
    Le sue parole, sembrarono prendere una piega diversa. Divenne quasi più dolce e comprensiva. Dicendo che capiva e sapeva cosa avevo passato. Anche se dubitavo di ciò.
    Disse che sapeva cosa voleva dire essere odiati da Natalie.
    Queste sue parole, quasi aprirono un mondo. Non avevo mai pensato a Nat, sotto quest'ottica. Non avevo mai pensato che potesse odiarmi. Certo, probabilmente, non mi ero comportato al meglio con lei, cioè, non l'avevo fatta finire come meritava...mo. Ma avevo mai riflettuto su questo. Così come non avevo mai pensato a cosa provassi io. Odio? Non credo... Probabilmente non credo d'aver mai odiato nessuno. Non saprei bene che dire. È una situazione parecchio complicata, e non mi sembrava il momento di mettermi a riflettere su questo; soprattutto davanti ad Abi.
    Ma se lei aveva detto ciò, probabilmente sapeva qualcosa, o lo aveva captato. "io avrò sempre un sorriso per ogni stronzo che mi odia".
    «Non mi importa, non dovrebbe essere così difficile starti dietro, comunque. Insomma.. se ti importasse davvero di una persona, una qualsiasi, piuttosto che dell'arte o.. della musica, non gli renderesti le cose così difficili» Disse dopo aver distolto lo sguardo da me.
    Allora, abbassai nuovamente anche io il capo. Guardandomi i piedi, ancora nudi. Anche se il mio sguardo andava oltre tutto. Mi guardai i piedi solo perchè erano la cosa più vicina e più sicura a distanza dai suoi occhi.
    «Sai cosa mi è capitato in passato, e, giustamente, sono quelle le cose di me che più risaltano agli occhi, no? In fondo stai parlando con una grande star affermata che continua a fare sold out negli stadi di tutta Europa, sogno di tutte le ragazze e invidia di tutti i maschi. Non certo con uno schivo, chiuso,"schifoso e reietto odiatore" che ha capito che scrivere era l'unica cosa che potesse aiutarlo; che non voleva far leggere a nessuno queste cose; ma poi per pura casualità, ha avuto la fortuna, o la sfortuna, di avere qualcuno al suo fianco e si è lasciato convincere a mettere su una band; quasi per gioco»
    "questa è la storia di uno stronzo nato morto ma che dopo troppo se n'è reso conto come in "Old Boy"".
    Sollevai nuovamente il capo cercando, come dopo essermi tolto un grosso peso una volta pronunciate quelle parole
    «Giusto, poi sono anche il grandissimo ed importantissimo Re del Ballo. Anche se a me, a differenza di qualcuno non importa molto. Ma quella sera, si fece viva in maniera prorompente una certa persona; a cui sembrava, invece, importare qualcosa. Forse è per questo che ad alcune persone importa di... importa del Re. Così possono farsi vedere.
    Se sai cose queste cose, puoi ancora dire che "non dovrebbe essere così difficile starmi dietro"?»

    "Non c'è nessuno che mi odia tanto quanto mi odio io, spezzo il cuore ad ogni troia, e ricompongo quello mio"
    «Purtroppo, mi risulta molto facile rendere le cose difficili. Mi sono allenato per 19 anni con me stesso; ed ora è una cosa quasi naturale; senza che lo faccia di proposito...»
    "Resto lo stronzo fottuto che sono, credevi dicesse che ti amo?"
    Dissi, abbassando nuovamente il capo; in maniera molto calma e dolce; come se stessi parlando con me stesso; e non con un'altra persona. Senza, cioè, aver la necessità di indossare l'armatura.

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    Certo, Abigail aveva odiato essere una donna, in un periodo della sua vita. Come tutti gli esseri di sesso femminile, molto probabilmente.
    Aveva dimenticato sua madre che le diceva che gli uomini non sono altro che "un ammasso di carne inutile attaccato ad un pene" e aveva iniziato a pensare che, davvero, essere nati femmine era davvero una grande sfortuna. Forse nessuna donna era realizzata senza che lo fosse il suo compagno.. forse era destinata ad essere la spettatrice del successo di qualcun'altro, di un uomo bello, affascinante intelligente: e che era tutto quello che lei sarebbe voluta essere.
    Oh, ma ne era passato di tempo da allora..
    Tanto tempo che, a dirla tutta, Abigail era diventata una delle più convinte femministe ancora in vita in quella parte di terra, sicuro in quella città. E questo per dire che, senza mezzi termini, si rapportava all'altro sesso come tale, come un'altra quasi dimensione.
    Non avrebbe mai capito Jeremy in questo modo, non con questo approccio. Aveva poco chiara questa parte della cosa perché non ci pensava molto spesso, ma quando Jeremy le parlò a quel modo le sembrò come se un'intera parte di mondo le fosse stata nascosta fino a quel momento, solo perché non era stata capace di vederla.
    Ma voleva vederla, ora che sapeva che era lì? Avrebbe davvero avuto la voglia di conoscere Jeremy per quello che era, per la persona che era aldilà di tutte le cose che poteva aver sentito su di lui o che tutti sembravano sapere? Forse no, forse sì.
    Insomma, forse no perché Jeremy non era solo il premio che lei aveva strappato alla sorellastra per farla morire d'invidia e tutto il resto, né il Re del ballo.. Dio santo, certo, era stato anche quello, ma avrebbe lasciato persino stare tutta quella storia (beh, forse..) per qualcosa di più semplice. Un rapporto più semplice, un ragazzo più semplice.. una relazione più.. felice.
    Avrebbe sacrificato tutto in nome della semplicità?
    Essere una ragazza delle volte era quasi impossibile.
    "Schifoso e reietto odiatore.." fece l'eco, assumendo quello stupido sorriso che lui aveva tenuto per tutto il tempo del discorso di lei. "A me importa di te perché sei il Re del ballo? Non.. non vedi oltre la punta del tuo naso, eh? E che io ci tenga ai balli e a quel titolo non significa che mi importi di te per quello, adesso.. sono capace di fare un po' più di così, potrei stupirti." Era assurdo perché sembrava dipingere proprio Nataie quello stupido ritratto, e lei non era uguale a quella.. "Magari fosse vero. Magari non mi importasse davvero, Dio mio! "
    Si morse il labbro leggermente, poi si girò e diede un piccolo calcio al comodino di fianco al letto, senza rendersene neppure conto. Si piegò per evitare che le cose che aveva appena calciato cadessero, cioè che il cellulare e tutto il resto non venissero davvero inondati dalla sua rabbia così ingenua.. perché era così che si sentiva.. una stupida ingenua.
    "Vattene fuori dalla mia camera." disse fin troppo rapidamente per mantenere l'apparenza di una calma.. beh, avrebbe distrutto tutta la camera di nuovo in un mese, tanto per parlare di quanto era distante dalla calma adesso. Ultimamente. Forse già da un anno, anzi.
    "Vattene fuori da casa mia."
    "Credi sia colpa mia se.." non andò avanti senza nessun motivo che sapesse spiegarsi. Sospirò, sedendosi con la schiena contro il letto, a terra affianco al comodino che aveva quasi buttato giù, anche con tutta la delicatezza del mondo.
    Con chi parlava? Perché Jeremy era solo Jeremy.. solo lo stesso stronzo che aveva voluto conoscere per un solo motivo, e lei era cambiata così tanto? Semplicemente, perché non poteva essere la più stronza tra i due? Non era più che fosse una donna ora il problema, ma questo..
    "Va via, razza di idiota."

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    Probabilmente potrei paragonarmi a quel quaderno che ha fatto partire tutta questa situazione intricatissima.
    Infondo, ora mi trovavo appoggiato proprio lì, a quella scrivania dove prima di me era appoggiato proprio ciò a cui mi sto paragonando.
    Perchè, sfogliando le sue pagine, avevo letto un pò di Liv.
    Ora probabilmente con questa cacchieratina che sta partendo sarà lei a leggere qualcosa di me. Perchè era subito partita su questi binari. Affibbiandomi etichette e appellativi che odio. Perchè non sento mio nessuno di quelli.
    E quindi, non potevo fare altro che rispondere a tono; proprio su questo. Tenendo a sottolineare, forse in maniera troppo ironica e sarcastica, quanto non mi ci ritrovi.
    Ma, come al solito sono sempre restio a parlare di certe cose. E si deve iniziare sempre gradualmente. In fondo, un motivo c'è se "The Dark Side of the Moon" è tale. E se qualcuno vuole scoprirlo, deve volerlo e intraprendere un viaggio.
    Nonostante la mia riluttanza nel farlo, ricordai anche la notte in cui fui incoronato Re del Ballo. Non certo perchè volessi farlo, ma perchè fu lei la prima a nominarla. Perchè quella non è di certo una delle serate che ricordo con più piacere, anzi. Ho ricordi parecchio tristi legati a quella sera. Al contrario di quanto si possa pensare. Gli unici ricordi positivi, erano nascosti in quelle mie parole.
    "Chi ti ricordi per sorridere?
    Di te mi ricordo per sorridere.
    "
    Sì, perchè sono proprio di quella sera i primi ricordi seri che ho di Liv. E, ora, non so se mi è stata vicina perchè voleva o solo perchè ero il Re. Infatti, bloccai le mie parole quando stavo per dirlo. "Forse è per questo che ad alcune persone importa di... importa del Re", non dissi "importa di me". Come a voler sottolineare il fatto che non le importava del sottoscritto, ma solo del titolo che avevo ottenuto.
    A volte, probabilmente, facevo solo troppi pensieri.
    Di risposta, lei scimmiottò un pò alcuni miei termini, ghignando.
    Probabilmente non ci credeva. Pensava solo che fossero parole a caso messe lì senza un reale motivo, forse solo perchè d'effetto. Ma no, non era affatto così. Dannazione, ogni parola, ogni singola fottutissima parola, ha un peso. Niente è messo lì a caso. Cazzo, ho a che fare con le parole quasi tutti i giorni, quindi so quanto siano importanti.
    Probabilmente la differenza è tutta qui. Io non sono uno di quelli che scrive per vivere; io vivo per scrivere.
    La guardai abbastanza infastidito, per questo motivo.
    «A me importa di te perché sei il Re del ballo? Non.. non vedi oltre la punta del tuo naso, eh? E che io ci tenga ai balli e a quel titolo non significa che mi importi di te per quello, adesso.. sono capace di fare un po' più di così, potrei stupirti. Magari fosse vero. Magari non mi importasse davvero, Dio mio!»
    Disse, per poi alzarsi.
    La guardavo attentamente. Sicuro che ora avrebbe fatto questa fantomatica cosa che "mi avrebbe stupito". Ed effettivamente...
    Effettivamente fece qualcosa che mi stupii. Diede un calcio ad un comodino. Per poi, subito accovacciarsi per evitare che le cose cadessero in terra.
    «...Nervosetta?» aggrottai un sopracciglio.
    Probabilmente si pentì subito di ciò che aveva fatto. Se così non fosse stato, non avrebbe evitato che le cose cadessero in terra tanto celermente.
    Iniziò poi a intimarmi di andarmene via dalla sua camera e da casa sua.
    Frase del genere, contornate anche da un pò di insulti, furono però intervallate da una frase che mi colpii più di altre
    «Credi sia colpa mia se..» Disse ciò, sedendosi a terra.
    Vederla addirittura tanto nervosa da prendere a calci un comodino. Non avrei mai voluto arrivare a tanto. Probabilmente tutto ciò che inizialmente teneva a riposare sott'acqua, era più di quanto potessi immaginare. E la mia solita faccia di bronzo e le mie uscite non sempre felicissime iniziarono a far emergere qualcosa. Ma dannazione, ero io la colpa. Prenditela con me. Non con un mobile. Che a calciarlo, rischi anche di farti male... stupida.
    Prendi me a calci.
    "mi fa sentire un po' meno morto, e se mi fa male io me ne fotto".
    Guardarla poi lì, accovacciata al suolo, quasi inerme, scoperta; fragile, mi provocò una strana sensazione allo stomaco.
    Ancora una volta ero combattuto tra me e me sul da farsi.
    Avrei voluto sedermi di fianco a lei, abbracciarla e darle un bacio sul capo; così, senza parlare, senza dire la benchè minima parola, perchè ogni parola sarebbe stata superflua, ogni parola sarebbe stata di troppo; avrei voluto stringerla a me e basta.
    Avrei voluto però, contrariamente anche continuare il discorso. Premendo sul fatto che si sentisse tanto nervosa, mi sarebbero bastate poche parole al punto giusto, e probabilmente avrebbe sbottato con poco; vomitandomi addosso tutto quello che aveva dentro, probabilmente anche molto violentemente; mi sarei dovuto preparare ad una discussione in crescendo; in cui la calma oramai era andata.
    Rimasi alcuni, interminabili istanti a pensare cosa fare. Immobile, guardandola lì, in terra; un'immagine di rara dolcezza.
    D'un tratto, mi issai nuovamente in piedi, smettendo di sorreggere il mio corpo con l'aiuto della scrivania; e mi girai verso la porta.
    Misi la mano sulla maniglia, e spalancai la porta, come per andarmene.
    Ma questa volta non ci sarebbero state scarpe dimenticate a farmi tornare indietro.
    Non ci sarebbero stati dettagli insignificanti a salvare la situazione.
    Questa volta no.
    Questa volta, ero deciso.
    Mano salda sulla maniglia della porta aperta, e sguardo fermo verso il resto della casa che si spalancava dinanzi a me.
    Questa volta ero io che decidevo.
    Chiusi rapidamente la porta avanti al mio volto, con un gesto fluido del braccio, senza muovere il mio corpo. Questa volta non appoggiai la porta all'uscio, non la socchiusi leggermente; questa volta la fissai saldamente.
    "dipende quanto riesco ad essere bastardo nessuna si innamora mai di un bravo ragazzo" Ma questa volta ci avremmo provato a far succedere il miracolo.
    «Penso che oramai hai capito che non mi piace lasciare le cose a metà, no?» Dissi dandole ancora le spalle e guardando la porta, oramai saldamente chiusa avanti a me.
    «"Credo sia colpa tua se..." Cosa?
    E, vuoi stupirmi? Bene.
    Io sono qui

    Dissi scivolando con la schiena lungo la porta, fino a sedermi in terra come lei
    "Con te, non è questione fra adulti, se ritorno bimbo perso fra i tuoi occhi verde-azzurri."

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    Abigail sentì le gambe sul petto; le vide. Erano gambe di donna, gambe giovani, chiare, magre e slanciate e dalle ginocchia dolci e affusolate. Erano le sue gambe, le belle gambe di qualcuno che stava dando di matto per un non nulla. E perché lo stava facendo? Perché teneva dentro troppe cose da troppo tempo e, sebbene si dicesse che ogni volta che qualcuno si tiene dentro qualcosa è come se morisse dentro, ogni santissima volta, Abigail era troppo giovane, troppo fresca, troppo bella ancora per morire. Perciò provava ancora la rabbia e l'amore, anche se li nascondeva per sé, e, anzi, spesso anche a se stessa.
    Non sapeva perché se ne era uscita con quella provocazione, quel "potrei stupirti". Forse era solo indignata, e un po' provata, a causa della situazione...
    "Credi che sia colpa mia se le uniche cose che so di te sono quelle che sanno tutti gli altri?" Abigail guardò Jemy a terra, spostando un po' la testa per farlo. La prima cosa che pensó fu "wow, allora non ha davvero intenzione di andarsene... Dio, menomale".
    "Scusami tanto se non sono abbastanza Natalie per te.. Se credi che dovrei esserlo o non riusciresti mai a fidarti davvero di me, a farmi leggere le tue canzoni o a farmi vedere casa tua o.. Tutte quelle idiozie che davvero dovrei odiare ma.. Insomma, sto solo cercando di essere sincera anche se sembra che cerchi solo di dire cose stupide...".
    Abigail smise di sognare quel ragazzo semplice e quella relazione fatta solo di sorrisi e baci, dolci e leggeri. Era proprio qualcosa che non l'avrebbe forse mai attratta, mai coinvolta. Jeremy la coinvolgeva più di qualunque dolce ragazzino troppo infantile e tonto a cui avrebbe potuto spezzare il cuore ogni volta che voleva, o non farlo.. Jemy era stranamente molto più presente nella sua vita che qualunque altra persona, non fisicamente, forse, ma era insistentemente nella sua testa, e non solo come il suo ragazzo o l'ex ragazzo della prima delle sue rivali.. Jeremy era intelligente, creativo, brillante.. Era un artista a tutti gli effetti sotto il suo punto di vista, ma era anche pragmatico il giusto da riuscire a vivere da solo, e idealista, e tremendamente attraente.
    Eppure, Abigail non voleva pensare di essere da meno. Era sempre valida la regola che le diceva che non si sarebbe mai innamorata di qualcuno che non la amasse perdutamente per prima, ne aveva bisogno. Aveva bisogno che andassero così le cose, come erano state per sua madre, tra lei e suo padre...
    "Quelle.. Cose.. Mi dispiace averle scritte. Non mi dispiace averle pensate, ma mi dispiace averle scritte perché oltre al fatto che non so scrivere.. Non avresti dovuto leggerle proprio tu. Avrei voluto.. dovuto tenerle per me."
    Abigail sospiró per la stanchezza. La devastava quella conversazione onesta, le bastava quello per spossarla anche fisicamente. Avrebbe desiderato essere tra le braccia di suo padre, al momento.. come una bambina qualsiasi, ma non lei. Abigail da bambina non aveva mai chiesto nulla del genere, neppure quando..
    Sua madre era morta troppo presto, pensava, adesso. E non voleva certo cercare conforto in Jeremy. Non voleva che il loro rapporto si trasformasse tanto. Non voleva che scoprisse quanto poteva essere infantile e incoerente... proprio come la bambina che non era mai stata.
    "Ora te ne dovresti proprio andare, Jem.. davvero. Vorrei del tempo da sola per.. riordinare le idee."

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    "Devo rifarmi un'altra, un'altra vita intendo, dicono di chiuderne una per aprirne cento. Ho chiuso quella porta e sono al freddo, le chiavi del portone le ho lasciate sul tuo letto".
    Avevo chiuso la porta dinanzi a me, e mi ci ero seduto avanti, appoggiandoci sopra la schiena. Come a voler ostruire il passaggio e l'apertura della stessa; come per dire "da qui non si passa", "nessuno esce".
    "Io sono qui" che ti piaccia oppure no, avrei potuto aggiungere. "Io sono qui" accanto a te pure sarebbe stata una possibile interpretazione. In realtà, i significati che potremmo accostare a quella frase, sono molteplici.
    Probabilmente, non ho avuto io stesso il coraggio di continuarla; almeno non ad alta voce; e per questo dissi proprio una frase del genere.
    Speravo solo che tra i tanti prosegui possibili a quella frase, o alle miriadi di interpretazioni; per lei non ci fu alcun pensiero negativo. Anche se solo avesse preso quella frase come tre parole, tre semplici parole, e niente più; mi sarebbe andato bene lo stesso. Sportivamente parlando, mi sarei anche accontentato di un pareggio.
    Strinse le gambe al petto; come a voler sentire calore, forse era triste, probabilmente si sentiva sola, un pò spenta. È possibile che stia facendomi solo mille film mentali, e che in realtà era felice come una Pasqua. Ma il linguaggio del corpo mi suggeriva quello; ed il corpo raramente mente. Sarebbe dovuta essere una persona particolarmente fredda e distaccata, con un cinismo ed un autocontrollo molto elevati per riuscire a mentire anche con il corpo. Sarebbe dovuta essere una gelida calcolatrice, che aveva già messo in preventivo tutto, e che stava solo recitando una parte. Che in realtà voleva solo farmi credere tutto ciò.
    Ma, alla fine, per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Anche se, in fondo, era un'attrice; e credo che avrebbe potuto farlo, se solo avesse voluto.
    Ma... mi sembrava tanto sincera.
    Quando mi cercò con lo sguardo...
    Non potevo immaginare cosa migliore. Nonostante fossi seduto in terra, con i piedi ancora senza scarpe, e i suoi occhi fossero un angolo di Antartide; non sentii minimamente freddo. Anzi. Mi sarei voluto perdere in quella landa ghiacciata. Sarei voluto partire per una spedizione verso quel luogo, apparentemente, tanto inospitale per viverci; e rimanere lì a vita. In fondo, mi sono sempre sentito fuori posto e fuori luogo in questa città e in questa società, probabilmente un alieno come me avrebbe ritrovato il suo giaciglio in quel luogo tanto inospitale per gli umani. Del resto, La fortezza della Solitudine di Superman, si trova nell'Artide, no? Ed io, avrei voluto passare lì la mia solitudine, solo, in quella distesa infinita d'azzurro.
    «Credi che sia colpa mia se le uniche cose che so di te sono quelle che sanno tutti gli altri?»
    "E' colpa mia se mi conosci solo per meta'; la meta' che nella vita ha combinato i guai, so che non te lo aspettavi di vedermi qua, ti chiedo scusa e sai che scusa non l'ho detto mai".
    Alle sue parole, sollevai le ginocchia, e ci poggiai su le braccia; alzai il capo fin a guardare il soffitto.
    «Scusami tanto se non sono abbastanza Natalie per te.. Se credi che dovrei esserlo o non riusciresti mai a fidarti davvero di me, a farmi leggere le tue canzoni o a farmi vedere casa tua o.. Tutte quelle idiozie che davvero dovrei odiare ma.. Insomma, sto solo cercando di essere sincera anche se sembra che cerchi solo di dire cose stupide...»
    A queste sue nuove parole, invece abbassai di botto il capo. Come se qualcuno avesse premuto un pulsante dietro il mio collo, che fece scattare una molla che lasciò cadere la mia testa. Fissai il pavimento tra le mie gambe. Seguivo le venature del pavimento con gli occhi. Si trasformarono quasi in voragini che volevano inghiottirmi e trascinarmi giù. Oppure fui solamente io che lo immaginai. Che probabilmente, un pò, ci sperai che succedesse.
    Continuò scusandosi di quelle cose scritte, disse soprattutto perchè non sapeva scrivere. Non si scusò di averle pensate; come se avessi potuto dirle qualcosa per avere dei pensieri. E che avrebbe dovuto tenere tutto per sè. Probabilmente non capiva, quale era il mio punto del discorso. Io, certamente, non potevo dirle niente per pensare o scrivere certe cose. Sono il primo che fa certe cose. E se si sapessero i miei pensieri, sarei stato condannato all'ergastolo per i più svariati motivi più volte al giorno. Avrei voluto sapere solo il motivo, cosa ci fosse in me che la faceva morire.
    Lo so, probabilmente sembrerò abbastanza ipocrita. Proprio io, che scrivevo solo per me, che ero gelosissimo delle cose che scrivevo, che, molto spesso, non appena scritto qualcosa lo accartocciava e lo buttava in qualche cassetto o, addirittura, nell'immondizia; per paura che qualcuno potesse leggere.
    Ma proprio perchè conoscevo quelle cose, conoscevo cose che ti facessero morire avrei potuto aiutarla.
    Avremmo potuto trovare nuova vita nella morte. Sarebbe stata il mio "Nightmare before Christmas".
    Il Re di Halloween, carismatico e simpatico; ma chiuso e lontano da tutti. E la bella bambolina, sensibile e ribelle, con il corpo; e forse il cuore, a pezzi. Che però alla fine stettero insieme; fino alla fine, per l'eternità. E per loro, eternità; voleva dire eternità.
    Per quanto triste possa essere la storia, aveva un lieto fine.
    Ma, in fondo, non sono mai stato il tipo di persona dalla rima "cuore-amore".
    Mi chiese poi ancora una volta di andarmene dalla stanza, perchè aveva bisogno di riflettere su ciò che era successo. A differenza delle volte precedenti, non sembrava cacciarmi arrabbiata od innervosita; sembrava quasi stremata; sempre lì seduta rannicchiata su sè stessa; sembrava quasi che piovesse su di lei.
    Non avevo di certo un ombrello, ma potevo coprirla col mio giubbotto.
    "Questa volta chiudo il mondo fuori voglio cercare solo la verità e non più le scuse migliori, mi conosci per metà ma ora meriti tutta la sincerità, tutta la mia persona".
    Mi avvicinai lentamente a lei. Fino a sedermici di fianco, appoggiando la schiena dove l'aveva appoggiata lei e standole spalla a spalla.
    «Non voglio che sia più Natalie. Vorrei solo che fossi più Abigail; ed io sarò più Jeremy... Anzi, no. Forse quest'ultimo meglio di no; già ce ne sono troppi di rompipalle, non credi?» Dissi cercando di farla sorridere un pò
    «E comunque, non è vero che non sai scrivere... Sei molto brava, infatti vorrei avere quel quaderno; o quantomeno leggerlo un pò. Anzi, sai cosa? Sarai tu a portarmelo. Oggi. A casa mia. E proveremo a strimpellarci qualcosa con la chitarra, e se ne esce qualcosa di buono, lo metteremo tra i miei quaderni e la spaccerò per mia...» Feci una leggera risata
    «Allora... che ne dici?»

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    Abigail sembrava spaurita da una situazione più grossa di lei: ma non lo era. Era semplicemente stupida e leggermente umiliata nel suo profondo animo di donna dotata di uno speciale sesto senso, per come le cose erano andate avanti. E Jem proprio non si decideva ad andarsene.
    La ragazza stese le gambe nude per la maggior parte a terra, sul comodo caldo del pavimento rivestito da uno speciale pavimento giallo canarino - ormai un po' acido. Finse come di non credere più di ritrovarsi in un grembo materno, uno non morto che potesse ancora ospitarla, ma di nuovo lì accanto al suo fidanzato, vigile e attenta. Attenta alle sue espressioni, alle pieghe che il volto gli occhi e le labbra dell'altro prendevano quando parlava o quando la guardava. Ora riusciva a vedere persino i suoi occhi senza dover pensare troppo profondamente te a cose che era meglio tenere nascoste - come la storia con Natalie e il suo probabile lieto fine se non fosse intervenuta lei... quella notte, a quella festa.. una delle sue peggiori idee, nel modo più assoluto.
    "Non prendermi in giro, stronzo rompipalle" disse Abigail, dapprima con un tono che non avrebbe ammesso repliche, poi con il divertimento tra le labbra, mentre ripeteva un parte e in parte conferiva nuovi insulti a Jeremy.
    Era sicura che non avesse affatto un talento come poetessa o come scrittrice più in generale, e perciò non voleva neppure ascoltare il contrario; da una parte, però, l'idea che Jemy aveva proposto le aveva creato nella mente una piacevole immagine che da sola non sarebbe mai riuscita a tirare su. In realtà temeva di non aver neppure il coraggio per crederci veramente...
    "Resta un idea stupida ma se mi abbracci adesso farò tutto quello che vuoi, giuro. "
    Avrebbero saputo in pochi che non c'era modo per Jeremy di non approfittare di quelle parole, ma Abigail era davvero disposta a parlare in quel modo contro ogni parte della sua indole così rigida, fredda e persino femminista per un solo stupido abbraccio che durasse più e fosse più intenso ancora.
    In fondo le sembrava una bella idea quella di trascorrere del tempo con Jeremy a casa sua, anche se sentiva fosse presto per affrontare tutte quelle parole e quei diari tanto sinceri... non se ne sarebbe vergognati più neppure per un attimo, però, quello era certo. Forse le serviva solo un po' di incoraggiamento anche dalle braccia di Jeremy e non solo dalle sue parole così altisonanti con l'idea che aveva avuto del loro rapporto fino a quel momento. Insomma, non aveva voluto crederci lei per prima, aveva accusato Jeremy di fare lo stesso.. e ancora credeva che lui non tenesse davvero a quello che nascondevano le sue gambe magre e suoi i fianchi e i seni morbidi.. ma ormai era davvero sicura che le importava stranamente troppo che Jeremy cambiasse idea su di lei, che conoscesse i lati più stupidi e intimi del suo carattere e che la schernisse perché non sapeva neppure come fare a non affezionarsi alle persone, sotto quella schermata di ghiaccio e indifferenza. Avrebbe persino amato la sua odiata sorellastra se lei glielo avesse mai permesso...
    Smise di pensare aspettando quell'abbraccio senza imbarazzo ma con estrema sincerità. Si sentì più nuda di quanto non fosse stata poco prima, ma anche molto più attraente, almeno in termini di possibilità, e solo agli occhi di Jeremy.
    C'era del giusto in tutto quello? Suo padre l'avrebbe baciata, sua madre avrebbe sparato su quel bacio del padre. Le avrebbe detto di allontanarsi e vedere la situazione più dall'esterno, di osservare prima di vivere e di scegliere sempre per sè stessa. Ma Abigail sentiva di morire dalla voglia di scegliere per Jeremy, anche se forse sarebbe durata il tempo di un abbraccio soltanto...

    ▲ Liv Abigail Tallish ▼
    He kissed me hard on my lips and whispered to my ears: "Baby girl you don't mean a thing to me. You don't really mean a thing at all". I BELIEVED HIM. i knew he loved me, but i believed his words.

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    Probabilmente la situazione che si era creata, era praticamente inimmaginabile fino a pochi istanti prima che venisse messa in atto. Dopo insulti, parole taglienti più di coltelli, intimidazioni di lasciare la stanza e cocciutaggine nel voler restare, ci siamo ritrovati lì.
    A terra. Vicini.
    Forse "a terra" in tutti i sensi. Sia perchè eravamo effettivamente seduti in terra, sia perchè sembravamo stanchi entrambi. Eravamo a terra, spompati. Solitamente si dice "La calma prima della tempesta". Forse in questo caso erano avvenute in ordine inverso le cose.
    Io mi sentivo come dopo una lotta. Dove non si riusciva ben a delineare chi fosse nemico e chi fosse amico. Inizialmente sembrava essere lei, man mano che la cosa andava avanti; iniziai a capire che, in un certo qual modo, fossi anche io il nemico di me stesso. Ma è anche vero che "il nemico del mio nemico è mio amico"; quindi di conseguenza lei sarebbe stata mia amica.
    Anche se avrei voluto fosse di più. Molto di più che semplice amica. Così come voleva l'etichetta che ci eravamo- ci avevano- affibbiato.
    "Le coppie normali si vogliono bene, noi siamo soldati che sono stati in guerra insieme".
    "Vicini", non solamente perchè eravamo fianco a fianco, spalla a spalla. Mai come in quegli istanti l'avevo sentita vicino a me. Era accanto a me, e non solo fisicamente, ma nel senso più profondo ed intimo che si potesse pensare.
    Una cosa era sicura, quella mattinata aveva cambiato radicalmente il mio modo di vedere le cose, cioè almeno quelle riguardanti il nostro rapporto. Sinceramente non sapevo ancora dir bene in che modo fosse cambiato. Se la svolta che prese, fosse, in realtà nel verso buono o nel verso negativo.
    E sappiamo benissimo tutti cosa avrebbe voluto dire se la svolta fosse stata quest'ultima ipotesi.
    Se mi avesse chiesto ancora una volta di andarmene, non saprei dire quale sarebbe stata la mia reazione, probabilmente avrei accettato questa sua richiesta. Dato che, diciamo, che avevo fatto il possibile e non avevo niente da recriminarmi. Se avesse avuto questo desiderio, voleva dire che tutto ciò non era bastato.
    E qualsiasi richiesta mi potesse mai fare, dovevo fare il possibile per cercare di portarla a termine, non potevo dirle di no; anche ad una cosa del genere; ora che eravamo lì, a terra, vicini.
    «Non prendermi in giro, stronzo rompipalle»
    Non fui mai così felice di sentirmi insultarmi, e probabilmente non lo sarò mai più.
    "graffiami le guance, baciami, poi strappami le labbra con un morso, amami, prendimi a parolacce".
    Buttai leggermente la testa indietro, fino a guardare il soffitto, con un grosso sorriso stampato sulla faccia. Probabilmente sarei sembrato un ebete. Più del solito. Risi leggermente. Ero veramente felice che scimmiottò le mie parole. Voleva dire che il mio autoinsulto aveva fatto ciò che doveva. Ed anche il suo tono, quasi gioioso, mi fece un'iniezione di contentezza non indifferente. Le prossime parole che avrebbe proferito sarebbero anche potute essere un'ulteriore vagonata di insulti e maledizioni alla mia anima ed alla mia discendenza, ma io le avrei vista semplicemente per una dichiarazione d'amore.
    Abi sembrò uscire pian piano togliersi quell'alone di dolce e delicata tristezza che la ricopriva, ma che la rendeva un'opera d'arte, forse, ancor più bella di quella che già non fosse. E il fatto che il motivo per il quale un sorriso si delineò sulla sua faccia fossi io; mi suggeriva che avessi fatto il mio dovere, anche per un solo istante.
    Avrei fatto di tutto per far ricalcare a penna quel sottile, tremulo e timido sorriso disegnato a matita sul suo volto.
    «Resta un idea stupida ma se mi abbracci adesso farò tutto quello che vuoi, giuro»
    Questa sua richiesta mi spiazzò. E non poco a dirla tutta.
    Non mi sarei mai aspettato una richiesta simile da lei. E quanto meno in quella situazione.
    Ma, probabilmente, anche lei era arrivata alla mia medesima conclusione, ovvero che oramai eravamo arrivati alla biforcazione cruciale.
    Quella sua richiesta mi sembrò tanto un braccio proteso verso di me. Io non dovevo fare altro che allungare anche il mio braccio ed aggrapparmi a quel braccio. Quella era una richiesta di aiuto. Che dovevo concedere. O che voleva concedermi. O forse entrambi.
    Probabilmente, non avremmo smesso di precipitare, ma ci saremmo potuti aiutare nella caduta. In fondo, "Il problema non è la caduta ma l'atterraggio". E in due, c'era più possibilità di potersi salvare che cadendo da soli.
    «Se la metti su questo piano... Certe offerte, mi sa, che non possono essere rifiutate...»
    Dissi, mentre mi girai verso di lei, e la guardai dal profondo. E feci passare il mio braccio destro dietro di lei, facendoglielo quasi scivolare sulle spalle e tentando di afferrare la sua spalla più lontana da me. Per poterla avvicinare un pò, e poi sbilanciarmi un pò col peso verso Abi e buttarle al collo anche l'altro braccio.
    «E se, ora, dovessi darti un bacio? Cosa faresti?»

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    Abigail abbandonò il piccolo viso sull'incavo della spalla di Jeremy.
    Quel ragazzo era carne, ossa e muscoli, e certo non era un comodo cuscino, ma ad Abi sembrò veramente posto adatto ad un nascondiglio, quella spalla.
    Pensare che voleva nascondersi proprio dal proprietario di quella spalla, Jeremy, era un tantino assurdo, ma in effetti non era solo così; la ragazza si nascondeva anche a se stessa, e magari soprattutto.. Non sarebbe riuscita a fare altro. Si era sentita stupida, piccola, soprattutto dipendente. Lei, che per tutta la vita era stata una splendida, intelligente, enorme e assolutamente autonoma ragazza, anche bambina.. Si sentiva meno intelligente del solito e più bambina, come non lo era mai stata. Nascondersi poteva anche piacerle, in quel momento. Al dopo ci avrebbe pensato in un secondo momento, proprio come facevani i bambini..
    Rise alle parole di Jeremy; anche se le sue risa furono leggermente offuscate dal fatto che le sue labbra si trovavano quasi contro la spalla di Jeremy, uscirono appena più alte del solito, un po' più frizzanti e acute.
    "Ti morderei le labbra fino a farle sanguinare." Rispose con una serietà quasi impeccabile, nascondendo il sorriso ancora una volta.
    Si tirò poi su, guardando fisso negli occhi di Jeremy e prendendo il suo viso tra le mani, piccole e affusolate.
    "Mi dispiace, Jemy. Sono davvero davvero un'idiota e.." si fermò per trovare le parole giuste, scosse appena la testa per non lasciare che Jeremy la fermasse proprio adesso. "Avrei dovuto dirtele quelle cose, e non scriverle come una codarda." Accennò un sorriso, un tipico sorriso da Abigail. Bellissimo, ma in una maniera sbagliata, quasi letale. Come se fosse lì lì per spezzare un cuore.
    "Ma se vuoi davvero baciarmi,.. ora o in futuro.. devi sapere che niente mi farà cambiare idea su quelle cose, o sulla tua storia con Natalie.. e pensandole non so se potrò davvero mai.. amarti, come si dice. Insomma, tu mi piaci, ma.. non ti amo. Mi hai fatto davvero troppo male.. non credo di poterci riuscire." Inspirò appena, come se le fosse costato fatica quello che aveva detto. In fondo non era così esperta nell'arte di esternare i propri sentimenti, e non era neanche ancora una rubacuori in carriera.. Era solo una ragazzina, e per quanto fosse giusto non fidarsi completamente di lei, con una delle poche persone di cui le importava al mondo, sarebbe stata sincera. Non voleva essere un peso, né essere dipendete da Jeremy in quella relazione fuori dal mondo.. ma essere sincera era qualcosa che, con qualche spietata crudeltà qua e là, poteva riuscirle bene.
    "Non provare neanche a dire che non mi ami anche tu, perché già lo so. È solo che non mi piace sentirmelo dire." Sorrise appena, con fare angelico; neppure si accorgeva che quello che aveva appena detto era piuttosto egoista.

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    He kissed me hard on my lips and whispered to my ears: "Baby girl you don't mean a thing to me. You don't really mean a thing at all". I BELIEVED HIM. i knew he loved me, but i believed his words.

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