Lost Boys and Peter Pan

Per Clementine

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    Il rumore di un motore appena acceso era la canzone preferita del ragazzo. Sentirlo ruggire e gonfiarsi d'orgoglio per quella meraviglia, girare le chiavi nella toppa, erano decisamente cose che lui amava quasi più della sua stessa vita. O meglio che lo facevano sentire vivo. Brandon, di fatti, si sentiva morto dentro. Da un po' di tempo a questa parte si cosiderava un automa che ripeteva sempre le stesse meccaniche azioni. Svegliarsi la mattina, affrontare la giornata, combattere contro sua madre, svagarsi con le donne – o con gli amici – e tornare a dormire e poi ripetere di nuovo tutto daccapo.
    Gilly era stata una sorpresa, una cosa – persona – del tutto inaspettata. Quella ragazzina dall'aria fragile ma dalla lingua velenosa gli aveva cambiato la serata facendogli ritrovare il suo lato umano. Brandon non si era mai sentito così in debito con qualcuno da quando aveva sedici anni – con Melanie, perché lei gli fece scoprire l'amore – e, soprattutto, non aveva mai pensato di potersi affezionare così in fretta ad un esserino simile. Tutto sommato l'aveva considerata, e la considerava ancora, sua sorella minore che doveva proteggere dall'intemperie del mondo esterno.
    Mentre metteva in moto e iniziava le manovre per uscire dal parcheggio, voltò per un attimo lo sguardo verso il sedile del passeggere dove Gilly si era appena seduta.
    «Lo sai quale preferisco di musica? Quella che dice "si lo so sono un cagasotto ma muoio dalla voglia di parlare a qualcuno del grande male che mi affl-» ma prima che lui potesse ribattere, lei sembrò capire al volo, tanto che aggiunse: «pensa prima di parlare, ricevuto. Ma devi pure contare che sono deeecisamente sotto eroi--».
    Brandon non poteva dirsi pienamente convinto da quella frase: se da un lato Gilly stava cercando di mettere in pratica il suo piccolo suggerimento, dall'altra le aveva palesemente confessato di essere sotto eroina. Brandon spense di botto la macchina lasciando l'automobile inclinata per diagonale, la manovra non ancora del tutto compiuta.
    Era deluso da lei e da quel suo comportamento tanto irresponsabile. Certo, non aveva nessun diritto di farle una ramanzina o la predica morale – come aveva fatto prima – ed era assurdo esserci rimasto così male perché infondo, con lei, non aveva proprio nulla da spartire. Ed era un'azione fatta prima di averlo conosciuto che non c'entrava nulla con il fatto di fargli un dispetto o mandarlo appositamente su tutte le furie... Ma si sentì comunque offeso poiché lei insisteva tanto con il dire che no, l'eroina costava troppo e che lui era stato uno stupido anche solo a pensare che si bucasse. Ma perché, perché gettare all'aria una vita tanto giovane? Perché non provare a cambiare le cose piuttosto che buttarsi giù in quel modo? E perché Brandon se ne curava così tanto?
    «Gilly...» Cominciò il ragazzo passandosi le mani sul volto, esausto. Cos'altro poteva aggiungere? Aveva finito le parole da un pezzo.
    Quel silenzio assordante era colmato dalla canzone che la ragazzina aveva scelto, Sweet Child O'Mine. Brandon la conosceva e ne ricordava vagamente il testo e quando le parole riecheggiarono nell'aria rimbalzando sulle pareti, il ragazzo si prese la briga di canticchiarle a bassa voce, sperando che Gilly non lo prendesse per pazzo ma che recepisse chiaramente il messaggio: «She's got a smile that it seems to me
    Reminds me of childhood memories
    Where everything
    Was as fresh as the bright blue sky
    Now and then when I see her face
    She takes me away to that special place
    And if I stared too long
    I'd probably break down and cry
    » Ed ecco, se i suoi pensieri non bastavano più ci avrebbe pensato la musica a parlare per lui. Perché quella ragazzina meritava delle risposte, perché lui era in debito con lei.
    «Sai, hai proprio ragione...» Sospirò girando la manovella del volume della radio. Abbandonò la schiena al sedile e guardò lontano, oltre il parabrezza, giù verso le tenue luci della periferia, proprio da dove erano venuti.
    «Io avevo la tua età quando è successo tutto quel casino... Sai, a sedici anni uno si sente il padrone del mondo e fa mille cavolate. Insomma, ti senti al di sopra di tutto, in grado di controllare te stesso e gli altri e poi... Poi le certezze crollano» Ripercorrere lentamente e ad alta voce una simile tappa della sua vita gli procurava ancora tanto male. Brandon chiuse gli occhi e si sforzò di non piangere. Le lacrime che premevano per uscire non erano dovute dalla mancanza di Melanie né all'amore che per lei provava: erano lacrime di umiliazione, di autocommiserazione. Brandon, lo spiccato Brandon con la passione per le moto e l'indole di aiutare gli altri, era stato preso in giro e deriso da una stupida troietta qualunque e aveva deluso per sempre sua madre.
    «E tu ti trovi schiacciato dalle tue stesse aspettative... Era piccolo quanto te quando mi capitò e sappi che non mi sono mai del tutto ripreso. Le persone ferite, a volte, fanno cose stupide o non guariscono mai del tutto... Gilly, quello che hai visto poco prima è solo una piccola parte della croce che mi porto ogni giorno sulle spalle e tutto perché sono stato un ragazzino irresponsabile con un sogno troppo grande. Capisci?» Aprì gli occhi e la fissò: «Non permettere a nessuno, neanche a te stessa, di contaminare quel posto speciale...» Brandon si rifece al testo della canzone e sperò che la ragazzina capisse. Lei era ancora in tempo per tirarsene fuori, lui invece poteva dirsi praticamente finito.
    Tornò con le mani sul volante e riaccese l'auto sentendosi completamente svuotato di tutto.
    «Dove andiamo? Dove andiamo adesso, mia dolce bambina?».
    Era stato strano aprirsi così tanto ed uscire in quel particolar modo dal guscio. Sperò soltanto che il suo sacrificio fosse servito a qualcosa perché Gilly, piccola com'era, doveva farcela. Ad ogni costo.
    ▲ Brandon L. Kent ▼
    Aveva imparato a rispettare il baratro che lui aveva scavato tutto intorno a sé... Anni prima aveva provato a saltarlo quel baratro e ci era cascato dentro, ora si accontentava di sedersi sul ciglio con le gambe a penzoloni nel vuoto!

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    23.09
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    Onestamente avevo sempre trovato difficile capire perché mio padre tenesse a me. Come, ancora più che perché. Adesso non potevo proprio immaginare che Bran lo facesse.
    Più che altro, immagivano, doveva pensare di stare a parlare con il suo io nel passato.
    Ma io non ero una sedicenne come lo era stato lui.
    Io non mi sentivo imbattibile.
    Perché qualsiasi cosa poteva battermi ed era anche già successo in passato. Nel senso, succedeva ogni giorno.
    Quella volta poi la musica disse una cosa completamente diversa. Certo, io l'avevo messa.. ma Bran cantava adesso e mi sembrò che non fosse per lui soltanto. Volevo davvero, davvero sapere la sua storia per una volta. Avrei persino trovato il tempo di leggerla, fosse stato un libro, pensate un po'. Anche uno scritto da mio padre.
    Sorrisi e lo ascoltai (non mio padre, certo) che canticchiava una canzone (quella alla radio) che allora dovevo aver scelto bene. Anche a me piaceva, solo che non ci avevo mai pensato. Davvero, non volevo che quelle parole suonassero come qualcosa che avevo voluto dire io a Brandon, forse solo per quello mi imposi di non cantare con lui, perché non volevo dirle quelle parole. Forse, forse doveva essere lui a dirle e basta..
    Contro ogni ogni ogni previsione, Brandon disse che avevo ragione. Pensavo che avesse fermato la macchina anche per uccidermi, piuttosto, ma non per altro. Avevo detto che non avevo detto (scusate il gioco di parole..) bugie e ora con l'eroina sembrava fosse così, ma non lo era davvero. Non.. mi ero bucata con nessuna siringa, non.. con le mie mani, ecco. Era stato quel ragazzo che mi aveva detto che sembravo una fata sotto acidi a fare tutto quanto e io avevo solo sorriso come una beota perché l'eroina costava un mucchio di soldi per le stupide come me. Ma la pillola della felicità potevo prenderla anche senza troppi soldi.
    Comunque, sembrava che a Brandon importasse più che lo capissi davvero, e capire proprio tutto, che rimproverarmi per il passato. Anche lui, dopotutto, aveva grossi errori e problemoni alle spalle, e lo so perché più o meno lo disse così, e aggiungendo che tutto quello che avevo visto (e lo avevo visto quasi impazzire..) non era niente.
    Wow, pensai, Brandon era davvero dolce. Parlava davvero con me, e mi aveva parlato anche di lui, ed era stato importante per me in un modo che non so dire, ma che vi importa. È solo qualcosa tra di noi, tutto questo.
    Intanto, e dopo, chiese se avevo capito, e dove andavamo adesso, sua dolce bambina.
    Alla prima domanda risposi con gli occhi e speravo fosse un , perché speravo di sapere cosa voleva dire essere irresponsabili e che non fosse solo uno dei miei problemi. Ero più confusa di così, ma non volevo mentire a Brandon. Sembrava fosse peggio che farlo con chiunque altro, in quel momento, persino con me stessa.
    "Numero uno: canti proprio come Axl Rose, dovresti fondare una band, " sorrisi un po' divertita, e mi strinsi nelle spalle "e poi mi impegnerò solennemente per.." sorrisi e scossi un po' la testa, poggiando la testa indietro sul sedile.
    "Terrò a mente quello che mi hai detto." Accennai un sorriso più convinto e pensai che così non avevo mentito per niente.
    Per quanto riguardava comunque la seconda domanda, avrei voluto dire che andavamo sulla luna o in una nave pirata o anche in uno stupido ristorante dal nome stupido, ma dissi di andare a casa, naturalmente. Era tardi e mio padre si sarebbe spaventato a morte e Brandon, se fosse stato davvero il mio fratello maggiore, avrebbe fatto e pensato lo stesso.
    "Basta che giri lì al primo incrocio a destra e poi solo dritto per.. una quarantina di metri." Parlai tranquillamente e aggiunsi che avrebbe di certo notato la casa di mio padre, dato che aveva le pareti di vetro. Mi sembrava una cosa che si notasse.
    ▲ gilly awford ▼
    My ears hear what others cannot hear; small faraway things people cannot normally see are visible to me. These senses are the fruits of a lifetime of longing, longing to be rescued, to be completed. Just as the skirt needs the wind to billow, I'm not formed by things that are of myself alone. I wear my father's belt tied around my mother's blouse, and shoes which are from my uncle. This is me. Just as a flower does not choose its color, we are not responsible for what we have come to be. Only once you realize this do you become free, and to become adult is to become free.

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    Forse per la prima volta in tutta la sua vita, Brandon aveva capito quanto poco bastasse per sentirsi un po' meglio. La giusta canzone alla radio, una ragazzina tutto pepe al proprio fianco e la città di Renewal Hollow che lentamente si svegliava. Questo era più o meno il paesaggio – e l'atmosfera – che circondava quei due corpi quasi immobili all'interno dell'auto del ragazzo, uniti da un legame quasi fraterno che si era andato a creare in una sola sera.
    «Numero uno: canti proprio come Axl Rose, dovresti fondare una band» Iniziò Gilly sorridendogli appena. Brandon ridacchiò a bassa voce scuotendo il capo: quella era decisamente una delle idee più pazze che avesse mai sentito in vita sua ed era quasi certo che la ragazzina lo stesse prendendo in giro. Brandon aveva una voce terribile, molto profonda – ma anche abbastanza sensuale – che non era di certo adatta per cantare simili canzoni. E poi il vizio del fumo gli aveva completamente consumato i polmoni, cosa che avrebbe sicuramente intralciato la sua (im)probabile carriera da cantante.
    «e poi mi impegnerò solennemente per...» Lasciò la frase cadere a metà e la osservò poggiare la testa sul sedile. «Terrò a mente quello che mi hai detto.»
    Non era esattamente il tipo di risposta che Brandon avrebbe voluto sentire, ma da parte di Gilly era più che sufficiente. Essa non implicava infatti il “Prometto che non lo farò più”, il che avrebbe reso il ragazzo orgoglioso di lei, ma anche un “Ci penserò due volte prima di fare quelle stronzate” andava più che bene. Brandon sapeva che non era così facile quanto credeva smettere di drogarsi così, di punto in bianco, esattamente un po' come era complicato non fumare più. Apprezzava il suo sforzo, quel “Pensare prima di...” Che sembrava finalmente essere entrato nella complessa mente di Gilly.
    Brandon le sorrise amichevolmente, era una di quelle azioni che partivano proprio dal cuore, scaturite da una certa felicità che prendeva piede dall'intestino e si propagava per tutto il corpo. Esternò la sua gioia così, con quel movimento delle labbra troppo naturale per uno come lui e, guardandola negli occhi, a fatica riuscì a trattenersi dal farle una carezza: «Bene, Gilly» Rispose piano continuando a sorridere «Sono davvero fiero di te!» Le confidò tutto d'un fiato. Si vergognava abbastanza a dirle proprio quelle cose perché in fin dei conti lui, per lei, non era nessuno, non aveva alcun spessore nella sua vita, o meglio... Non ancora. Perché Brandon sperava di rivederla, in un futuro prossimo, e di sentirsi dire: «Sai, finalmente ho smesso ed è anche grazie a te che ci sono riuscita!» Allora lui avrebbe riso a crepapelle per la gioia, l'avrebbe detto a sua madre e forse lei avrebbe perdonato la sua stupidità.
    Ma sì, si disse guardandola ancora un poco prima di accendere nuovamente l'auto per finire la manovra di poco prima, magari sarà Gilly ad aiutare me, prima o poi.
    Brandon si accorse dell'orario mentre usciva definitivamente dal parcheggio. Era tardissimo e Gilly, che aveva solo quindici o sedici anni, doveva aver sforato il coprifuoco ormai da un po'. Ma la ragazzina non sembrava minimamente preoccupata e anzi, Brandon iniziava a dubitare del fatto che lei avesse qualche tipo di divieto perché non sembrava possibile...
    «Basta che giri lì al primo incrocio a destra e poi solo dritto per.. una quarantina di metri.» Il ragazzo annuì, fece una breve – ma vietata – inversione di marcia e si lanciò silenzioso sulla strada. La sua macchina scivolava sull'asfalto e le luci della città sfrecciavano accanto a loro.
    «È tardissimo» Borbottò a bassa voce più per lui che per lei. Cosa avrebbe fatto Gilly l'indomani? Sarebbe andata a scuola? Oppure lavorava? Suo padre la stava aspettando in piedi oppure dormiva già tranquillo nel suo letto?
    Brandon ripensò a sua madre e come l'aspettava sempre sveglia quando lui usciva e faceva le ore piccole – e per piccole si parlava di mezzanotte, undici e mezza. Katherine a volte si svegliava anche quando il figlio, ormai venticinquenne, rientrava di soppiatto alle quattro o le cinque del mattino, chiedendogli come fosse andata la serata.
    Per quanto gli dolesse ammetterlo, sua madre, in fin dei conti, restava tale – nonostante le delusioni e le grida – e continuava a preoccuparsi per lui, il suo bambino.
    Bran seguì le indicazioni della ragazzina e neanche una decina di minuti dopo si ritrovarono davanti ad una particolare casa di vetro. Spense le luci, girò le chiavi e sgranò gli occhi trattenendo una risatina.
    «Accidenti» Fischiò lui passandosi una mano nei capelli e scuotendo il capo «Questa si che è una casa da urlo! Mia madre impazzirebbe vedendola... Anche se dubito che qui la tua privacy sia... Protetta, insomma...».
    Tossì imbarazzato: la loro avventura era giunta al termine. Gli dispiaceva dover lasciare Gilly così, dandole semplicemente il bacio della buonanotte e facendole promettere cose che lei, forse, avrebbe dimenticato il giorno seguente...
    «Bene» Biascicò imbarazzato guardandosi attorno «La corsa è finita, signorina. Sono dieci dollari e cinquanta...» Brandon rise prima che Gilly potesse fraintendere le sue parole e proseguì «Sto scherzando, è stato un vero piacere accompagnarti! Ora... Beh, buonanotte e mi raccomando, fa la brava» Iniziò a picchiettare con il dito sul volante e le sorrise «E non dimenticarti del mio invito a cena, d'accordo? Chiedi di me in giro quando ne hai voglia» Si strinse nelle spalle, non voleva passare per il macho vip della situazione ma in città era conosciuto per via dei suoi genitori «Sicuramente qualcuno saprà dirti dove trovarmi».
    ▲ Brandon L. Kent ▼
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    I've found my Peter Pan (?)
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    Ora pensavo che sarei stata insieme a mio padre tra molto poco, e lui si sarebbe svegliato per colpa di quello stupido cane che avrbbe abbaiato al mio ritorno e poi avrebbe detto qualcosa come "bentornata, tesoro", "com'è andata la serata?", sono proprio uno stupido. okay, forse non l'ultima parte, ma a sua voce grossolana e goffa sembrava davvero tanto stupida quando si preoccupava ma voleva nasconderlo. Nasconderlo a me, poi: io sarei stata felice di poter dire che a mio padre importava almeno quel poco di preoccuparsi per sua figlia sedicenne che rientrava a casa dopo.. ma che ne voleva sapere, lui. Per lui era sempre stato facile: era cresciuto con entrambi i genitori, aveva subito capito che era (e era uno scrittore), aveva conosciuto mia madre.. lui non era come me. Io non volevo proprio pensarci a lui.

    Pensavo a Brandon


    Lui disse che era fiero di me, il che mi fece scoppiare in una grossa, grassa risata che nonsarebbe finita più, mi dovetti contenere. Era.. fiero di me solo perché avevo detto che forse, si, insomma.. che forse, magari ci avrei pensato, beh, avrei tenuto in mente le sue parole ma non mi avrebbero spinto a non drogarmi, credevo, ma solo a trovare un.. posto speciale come quello della canzone. Sì, cioè, a primo impatto era quello che avevo pensato, e la droga era il modo migliore per rifugiarsi in qualunque altro posto che potesse essere più speciale di questo, che io sapessi.
    Poi avevo capito che cosa volesse dire, certo, ma ora solo per quello non credevo si dovesse essere fieri di me. Per questo dissi, con un pizzico di orgoglio: "ooh, troverò il modo di deluderti, sono sicura!"
    Poi seguii il piccolo viaggio in macchina come facevo sempre nei viaggi in auto, corti o lunghi che fossero; mi misi cioè a disegnare invisibili ghirigori sul vetro dell'auto e pensai a cose oltre l'immaginazione e le misi nel cielo.. mi rendo conto che era una cosa da bambini, ma potete perdonarmela perché questa volta fu per poco.
    Brandon disse a sé stesso che era tardissimo, chissà se aeva ancora un coprifuoco, bah.. non era un po' grande per credere ancora che fsse sempre tardi?
    Continuai a disegnare fino a quando non vidi più il cielo perché eravamo arrivati davanti alla mia ingombrante casa di vetro. Bran sembrò quasi impazzire per la mia casa, beh.. disse che sua madre l'avrebbe fatto, almeno. Mi strinsi nelle spalle quando parlò della privacy, me ne fregava solo quando ero arrabbiata, per il resto.. non è che avessi granché da nascondere quando mi spogliavo. E poi non è che fosse così difficile spogliarmi, in genere.. beh, meglio non pensarci ora che dovevo rivedere in faccia mio padre.
    Staccai le dita dal vetro e sentii le parole di Bradon di fai la brava e buonanotte. "Buonanotte e fai il bravo anche tu," risposi, per lasciarlo parlare di nuovo.
    Poi fu un po' strano pensare che Bran avesse voglia di rivedermi davvero. In realtà io me ne andai proprio mentre lo diceva, aprendo lo sportello e uscendo fuori, ma poi mi rigirai verso di lui e pensai di dovergli almeno la speranza che ci avrei pensato. "Rivederlo" era qualcosa che uno non crede di rifare con uno sconosciuto ubriaco incontrato per caso. Anche uno scorbutico e pazzo e delle volte fuori di testa completamnte.. ma che dovevo fare, no? Non potevo dire certo che Brandon fosse realmente solo quello.
    "Non lo dimenticherò, " certo non mi sarei persa l'eruzione di un pub dal nome pessimo!
    Entrai con le chiavi e tutti riuscirono a vedere mio padre in pantofole e pigiamino grigio che si avvicinava a me accendendo la luce e prendendo in braccio il cane, e allora la poca privacy dei vetri era almeno ricompensata dal fatto che erano almeno capaci di trattenere i suoni della voce grossolana di mio padre.
    ▲ gilly awford ▼
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    nuoooo io non... çç uffa. gilly sei meravigliosa, io e brandon ti adoriamo.
    CITAZIONE
    Brandon disse a sé stesso che era tardissimo, chissà se aeva ancora un coprifuoco, bah.. non era un po' grande per credere ancora che fsse sempre tardi?

    meravigliosa. ♥
    e, signori e signori, qui si conclude çç
     
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